Nel più sta il meno: la domanda della restituzione della caparra può ritenersi ricompresa in quella di corresponsione del doppio della stessa, peraltro rigettata a cagione dell'accertata impossibilità sopravvenuta del trasferimento del bene. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 21262 del 5 ottobre 2020)

L'istanza di restituzione della caparra in favore del promittente acquirente deve ritenersi inclusa nella già svolta domanda, dal medesimo formulata, di restituzione del doppio della caparra stessa nell'ambito di controversia definita con il rigetto della domanda risolutoria del promittente acquirente, ma con accertamento di impossibilità sopravvenuta di trasferimento del bene oggetto di preliminare di vendita e, conseguentemente, con affermazione del carattere di indebito assunto dalla medesima caparra.

Commento

(di Daniele Minussi)
Nel caso di specie il promissario acquirente, a fronte della condotta del promittente alienante che non addiveniva al trasferimento della proprietà del bene promesso in vendita, aveva introdotto domanda intesa a sancirne l'inadempimento, per l'effetto domandando il doppio della somma versata a titolo di caparra confirmatoria. Il susseguente accertamento della impossibilità sopravvenuta della prestazione (rectius: dell'attribuzione patrimoniale) portava con se il rigetto di tale domanda, ma non precludeva che si decidesse nel senso della restituzione della caparra versata dal promissario acquirente, caparra che, alla luce dell'intervenuta risoluzione del contratto, doveva ritenersi corrisposta sine titulo.

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