Costruzione di edificio "prima casa" ed abuso del diritto in relazione ai benefici fiscali. (Cass. Civ., Sez. V, sent. n. 10807 del 28 giugno 2012)

L’abuso del diritto è ravvisabile in tutte quelle pratiche che, pur formalmente rispettose del diritto interno o comunitario, siano mirate principalmente ad ottenere benefici fiscali contrastanti con la ratio delle norme che introducono il tributo. Questa nozione, per la sua generalità e per il fondamento costituzionale (art. 53 Cost.) che la sorregge, è applicabile e deve essere applicata anche al trattamento fiscale degli immobili sì che deve ritenersi costituire, appunto, abuso del diritto (comunque a fini fiscali, se non pure a fini edilizi) la pratica costruttiva di sostanziale aggiramento delle disposizioni, anche dei regolamenti comunali, sulla cubatura degli immobili quante volte l’utilizzo di questo specifico elemento non sia dettato da ragioni costruttive e/o economiche (o, comunque, da qualsivoglia valida ragione diversa da quella fiscali) ma assuma soltanto rilievo fiscale per la sua idoneità ad aggirare la ratio delle afferenti norme, determinando una indebita minore tassazione.
In tema di imposta sul valore aggiunto, per stabilire se un'abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dai benefici per l'acquisto della prima casa, previsti dall'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, occorre far riferimento all'art. 5 del d.m. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, in forza del quale per superficie utile deve intendersi quella idonea a costituire "unico alloggio padronale", ossia a consentire l'espletamento al suo interno di tutte le funzioni proprie della vita del "padrone", mentre è irrilevante il requisito dell'abitabilità, siccome da esso non richiamato; né è possibile alcuna interpretazione che ne amplii la sfera operativa, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica.

Commento

(di Daniele Minussi)
Ancora una pronunzia sul disputatissimo tema dell'abuso del diritto nell'ambito della normativa tributaria. Questa volta si tratta della possibilità di fruire delle agevolazioni "prima casa" (che non si limitano a quelle relative alla corresponsione delle imposte in sede di acquisto dell'abitazione, ma sono anche collegate all'individuazione dell'aliquota IVA nell'occasione del pagamento della costruzione). Nella specie si trattava di un edificio contrassegnato da una superficie di 277 mq, compreso il piano terra, avente altezza di mt.2,60. Premesso che il D.M. 2/8/1969 prevede il limite di mq.230 ai fini della classificazione dell'immobile come "non di lusso" (ciò che costituisce il presupposto per poter fruire delle dette agevolazioni), è stata reputata irrilevante la situazione del piano terra (priva del requisito dell'abitabilità).
Invero v'è da dubitare che si dovesse per forza scomodare un principio così..."scomodo" come quello dell'abuso del diritto per giustificare la negazione della possibilità di poter fruire delle agevolazioni finalizzate alla realizzazione della c.d. "prima casa".

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