Il patto di famiglia



In esito all'entrata in vigore della Legge 14 febbraio 2006, n. 55 è stato introdotto un nuovo istituto. Ai sensi dell'art. 768 bis cod.civ. "è patto di famiglia il contratto con cui... l'imprenditore trasferisce in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti". La finalità del patto di famiglia sarebbe quella di agevolare il trasferimento della proprietà dell'azienda tra genitori e figli, evitando che le caratteristiche proprie di un atto di liberalità donativa costituiscano una remora alla circolazione della ricchezza ed un pregiudizio per la continuità dell'impresa e le ragioni dell'economia.

La figura presenta aspetti notevolmente problematici. Anzitutto si palesa come introduttiva di principi divergenti rispetto al generale principio del divieto di patti successori di cui all'art. 458 cod.civ. . Ciò non soltanto in relazione all'attribuzione operata dall'"imprenditore" in favore a colui al quale viene trasferita l'azienda (assimilabile ad un patto istitutivo), ma anche alle pattuizioni intercorrenti tra il discendente attributario dell'azienda e gli altri legittimari assegnatari, tra i quali ben possono intercorrere negoziazioni riconducibili a patti rinunziativi (anche in riferimento alla futura proponibilità dell'azione di riduzione). Quanto complessivamente oggetto del patto non sarà infatti soggetto nè a collazione nè all'azione di riduzione (ultimo comma art. 768 quater cod.civ. ). Queste caratteristiche consentono di configurare il patto di famiglia come un vero e proprio asse pattizio autonomo, anticipazione di futura successione, la quale avrebbe a seguire quale seconda fase attributiva mortis causa. Un chiarimento infine si impone. La stipulazione del patto di famiglia non è certo uno strumento "obbligatorio" per chi voglia trasmettere a titolo di liberalità la propria azienda al figlio. Resta pur sempre aperta la via tradizionale ad una donazione diretta. E' ben vero che essa sarà soggetta agli obblighi collatizi (artt. 737 e ss.cod.civ.), all'onere dell'imputazione ex se (art. 564 cod.civ.), all'eventuale azione di riduzione nell'ipotesi di insufficienza dell'attivo ereditario, ma non si può certo dire (anticipando l'esito di una più compiuta disamina dell'istituto) che con il patto di famiglia possa dirsi raggiunto lo scopo di rendere stabile e non aleatorio il trasferimento dell'azienda ai discendenti, ciò che costituiva indubbiamente la mira del legislatore.

Giova osservare, dal punto di vista tributario, come ben possano essere fruite le agevolazioni di cui all'art.3 comma 4-ter del T.U. 31 ottobre 1990, n. 346 (esenzione dall'imposta di successione), tuttavia alle condizioni di cui alla predetta disposizione (tra le quali il controllo della società in favore del beneficiario del trasferimento delle partecipazioni, ai sensi dell'art. 2539 c.c., comma 1, n. 1, delle società (cfr. per un'ipotesi di esclusione, Cass. Civ. Sez. V, 6591/2021).

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