Fattispecie affini alla transazione



Prescindendo dalla disamina degli elementi differenziali tra la transazione e la disputata figura giuridica del negozio di accertamento (imperniata sull'efficacia dispositiva o meno dell'atto e sulla nozione di res dubia e di res litigiosa ) che viene condotta nell'ambito dell'analisi dell'elemento causale, è possibile affiancare al negozio transattivo altre fattispecie.

Anzitutto può essere considerata la rinuncia meramente abdicativa. Essa implica l'integrale abbandono della posizione, del diritto di un soggetto. Venendo in esame un diritto controverso, la rinunzia implica il sacrificio del punto di vista di una delle parti, mentre nella transazione ciascuna delle parti si avvicina all'altra, rinunziando parzialmente alle proprie pretese. La rinunzia è inoltre qualificata da una struttura unilaterale, mentre la transazione è necessariamente (per lo meno) bilaterale, stante l'essenzialità delle reciproche concessioni nota1 .

Il compromesso (o la clausola compromissoria) comporta il deferimento della soluzione di una vertenza ad uno o più soggetti (gli arbitri) i quali risolveranno la questione nota2 . L' arbitrato può essere rituale o irrituale. Il primo (art. 806 cod.proc.civ.) sfocia in un lodo, la cui funzione è succedanea rispetto ad una sentenza. Anche il secondo (all'esito della riforma introdotta dal D. Lgs. 2 febbraio 2006, n.40) conduce ad un lodo, la cui natura è tuttavia contrattuale (art. 808 ter cod.proc. civ.). Non poche delle distinzioni tra le due forme di arbitrato sono attualmente venute meno per effetto del menzionato intervento legislativo, dovendosi applicare anche al c.d. "arbitrato libero" alcune disposizioni del codice di rito. Non può tuttavia negarsi, ancor oggi, come possa qualificarsi il provvedimento terminativo del procedimento arbitrale irrituale come avente natura latu sensu affine a quella di una transazione, il cui oggetto viene eterodeterminato dagli arbitri. Giova rilevare come nel passato l' arbitrato libero o irrituale sia stato significamente definito l'arbitraggio (art. 1349 cod.civ.) afferente ad un accordo transattivo nota3.

Affine al risultato conseguibile per effetto di una transazione è l'accordo che venisse raggiunto dalle parti all'esito del procedimento di mediazione introdotto per effetto dell'entrata in vigore del D. Lgs. n.28 del 2010. Quando le parti raggiungessero un accordo che si sostanziasse nella redazione di un verbale di conciliazione si potrebbe ben dire raggiunto lo scopo di porre fine alla controversia. La natura giuridica dell'accordo raggiunto nell'ambito di detto procedimento risente delle medesime incertezze qualificative: all'accertamento negoziale è stato ricondotto il verbale di conciliazione avente come esito quello della ricognizione tra le parti dell'intervenuta usucapione di un bene immobile. Al riguardo è stato deciso che tale natura giuridica ne precluda la trascrivibilità, tenuto conto del modo di disporre dell'art.11 del predetto D. Lgs., ai sensi del quale la pubblicità è praticabile quanto l'atto coincida con un negozio conforme ai dettami di cui all'art. 2643 cod.civ. (Tribunale di Roma, del 06 luglio 2011). Il quadro è tuttavia radicalmente mutato per effetto della emanazione del c.d. "decreto del fare" (D.L. 69/2013) che ha condotto alla riforma della mediazione ed alla novellazione dell'art. 2643 cod.civ., che ha contemplato espressamente la trascrizione del verbale di conciliazione, debitamente autenticato.

Note

nota1

Così Santoro Passarelli, La transazione, Napoli, 1986, p.93.
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nota2

L'arbitro (o gli arbitri) dirimeranno la lite, mentre la transazione la elimina in radice (per effetto dell'accordo intervenuto con reciproche concessioni) senza peraltro risolverla: Valsecchi, Il gioco e la scommessa. La transazione, in Tratt. di dir.civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, Vol. XXXVII, Milano, 1986, p.235.
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nota3

Così Furno, Appunti in tema di arbitramento e di arbitrato, in Riv.dir. proc., 1951, II, p.165, che parla di arbitraggio applicato alla transazione. Contrario a questa affermazione è Santoro Passarelli, cit., p.53, per il quale l'arbitrato irrituale concorre con la transazione ma, diversamente da quest'ultima, non comporta necessariamente sacrifici per entrambe le parti in lite, giacché l'intervento del terzo rappresenterebbe l'alternativa sul piano negoziale alla reciprocità delle concessioni. Analogamente la Cassazione si è espressa nel senso della non configurabilità dell'arbitraggio nella transazione (Cass.Civ.Sez.I, 5707/02).La S.C. esclude che, relativamente alla transazione, funzionalmente destinata a prevenire o a far venir meno una lite, possa ipotizzarsi il fenomeno della eterodeterminazione dell'oggetto tipicamente introdotta dall'arbitraggio (art. 1349 cod.civ.). Si sarebbe tuttavia potuto anche dire che l'arbitraggio nella transazione si risolve nell'arbitrato irrituale, vale a dire nella rimessione ad uno o più terzi da parte dei soggetti interessati della determinazione dell'oggetto di un accordo inteso a far venir meno una controversia. La questione non appare meramente nominalistica nella misura in cui risultasse possibile individuare un conflitto tra la normativa applicabile all'arbitrato irrituale e quella tipicamente prevista per l'arbitraggio (vale a dire il citato art.1349 cod.civ., con speciale riferimento alle impugnative in esso previste).
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Bibliografia

  • FURNO, Appunti in teme di arbitramento e di arbitrato, Riv.dir.proc., II, 1951
  • SANTORO PASSARELLI, La transazione, Napoli, 1986
  • VALSECCHI, Il giuoco e la scommessa. La transazione, Milano, Trattato Cicu-Messineo, XXXVII, 1986

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