Secondo un'opinione nota1 che fa perno sulla dicotomia tra intento interiore del soggetto ed esternazione della volontà, sarebbe possibile parlare di cause di divergenza tra quanto voluto e quanto dichiarato. Tentando di ricondurre i casi (violenza fisica, simulazione, errore ostativo) che sostanziano questa distinzione dottrinaria alla sistematica del codice civile, si potrebbe parlare di
mancanza di accordo (n. 1 art.
1325 cod. civ. ), inteso come difetto di corrispondenza tra fenomeno dichiarativo di una volontà negoziale ed una correlativa intenzione del dichiarante. Questa spiegazione talvolta si può produrre consapevolmente per l'autore della dichiarazione, altre volte per semplice colpa, infine anche in esito alla condotta di terzi.
Ad esempio, Tizio vuole dire 100 e, per un mero
lapsus linguae, dice 1000. Caio forza la mano di Sempronio e lo costringe fisicamente a sottoscrivere un contratto. Mevio vuole prendere in locazione un appartamento e dice a Sempronio, locatore, che intende adibirlo ad uso transitorio, mentre in realtà vuole usarlo come abitazione principale.
E' chiaro che, qualora la questione dovesse porsi nei termini di un difetto di accordo, non si potrebbe sfuggire alla conseguenza della
nullità nota2 dell'atto. Questo esito, con tutta evidenza, finirebbe per produrre insormontabili problemi di tutela del soggetto destinatario della dichiarazione.
Allo scopo di risolvere dette questioni, una volta che venga esclusa l'applicazione sia della teoria della volontà (che conferisce rilievo esclusivo a tale elemento
nota3 )
sia l'antitetica teoria della dichiarazione (in forza della quale si reputa sufficiente a dar vita al negozio la semplice dichiarazione
nota4)
si può dire che il codice civile vigente abbia scelto, in linea di massima, la teoria dell'affidamento nota5. Ogniqualvolta la dichiarazione può dirsi difforme dalla reale volontà del soggetto, se il destinatario non poteva esser considerato in grado di riconoscere tale discrepanza, l'atto negoziale deve ritenersi pienamente valido ed operativo. Al contrario, esso è inficiato da vizio invalidante qualora il destinatario conosceva o era in grado di conoscere che la dichiarazione non era conforme all'intento del dichiarante.La teoria dell'affidamento non possiede comunque una valenza universale:
essa è suscettibile di applicazione nell'ambito dei negozi inter vivos a carattere patrimoniale ed a titolo oneroso. Certamente inapplicabile è invece al testamento, ai negozi di diritto familiare e a quelli patrimoniali contrassegnati dall'intento liberale (o anche a titolo gratuito): in questi ultimi conta maggiormente la volontà effettiva di colui che effettua la dichiarazione
nota6 .
In base alla detta teorica, alla quale variamente si ispirano varie norme contenute nel codice civile, si possono risolvere le varie questioni che sorgono in proposito.
Seguendo la distinzione elaborata dalla dottrina pandettistica, la categoria dei casi di divergenza tra voluto e dichiarato annovera tradizionalmente le seguenti figure
nota7 :
- riserva mentale;
- dichiarazioni a scopo didattico o rappresentativo ovvero per scherzo;
- violenza fisica;
- errore ostativo;
- simulazione.
A ben vedere; nell'ipotesi sub 2) non è neppure pensabile parlare di divergenza tra voluto e dichiarato: non esiste in realtà neppure una manifestazione di volontà negoziale percepibile come tale. Non v'è sembianza di negozio giuridico
nota8 .
In quella sub 3) manca la riferibilità della dichiarazione al soggetto cui la si vorrebbe imputare. L'atto è soltanto esteriormente valutabile come negozio giuridico. Sussiste un'imputabilità solo materiale dell'atto al soggetto.
Occorre osservare che le ipotesi di cui ai numeri 1), 2) e 3) non sono assunte in considerazione dal codice civile, il quale disciplina solo l'eventualità della violenza psichica o relativa, facendone discendere la semplice annullabilità dell'atto. Sconosciuta alla legge è anche la categoria dell'errore ostativo come distinta dall'errore vizio: la conseguenza, in tema di contratto, consiste nella mera annullabilità dell'atto sussistendo i requisiti dell'essenzialità e della riconoscibilità. Un'articolata disciplina è infine prevista per la simulazione, la cui figura generale è disciplinata dagli artt.
1414 e ss. cod.civ.. A tacer d'altro si confronti la differenza, in tema di trascrizione, tra la disciplina posta dal n.4 dell'
art.2652 cod.civ. per la domanda giudiziale volta a far valere la simulazione e quella prevista dal n.6 della stessa norma relativamente alla domanda giudiziale intesa a far dichiarare la nullità.
Note
nota1
Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.245.
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In dottrina si registrano opinioni divergenti a proposito della mancanza dell'accordo. Da un lato vi è chi (Criscuoli, Il contratto, itinerari normativi e riscontri giurisprudenziali, Milano, 1992, p.368) si riferisce a un "dissenso palese" generato da una difformità tra proposta ed accettazione ovvero da una condizione di incapacità del volere; dall'altro lato, altri (Alpa, Bonilini, Carnevali, Di Majo, La disciplina generale dei contratti , Torino, 1994, p.670 e ss.) individuano la mancanza di accordo nella "non convergente manifestazione di volontà" tra più parti, identificando l'inesistenza giuridica nella carenza di minime tracce che possono identificare un negozio giuridico.
top2nota3
In questo senso Ferri, Considerazioni sul problema della formazione del contratto, in Riv.dir.comm., 1969, II, p.200.
top3nota4
Tesi sostenuta da Scognamiglio, Dei contratti in generale, nel Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1970, p.76 e Betti, Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato di dir.civ.it., dir. da Vassalli, Torino, 1952, XV, 2, p.60.
top4nota5
Così anche Gentili, Le invalidità, in I contratti in generale, t.2, a cura di Gabrielli, Torino, 1999, p.1262.
top5nota6
Cfr. Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.181.
top6nota7
Torrente-Schlesinger, cit., p.183.
top7nota8
Analogamente Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, p.151.
top8Bibliografia
- ALPA BONILINI CARNEVALI DI MAJO, La disciplina generale dei contratti, Torino, 1994
- CRISCUOLI, Il contratto, itinerari normativi e riscontri giurisprudenziali, Milano, 1992
- FERRI, Considerazioni sul problema della formazione del contratto, Riv.dir.comm, II, 1969
- GENTILI, Le invalidità, Torino, I contratti in generale Gabrielli, II, 1999
- SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002
- SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale. Disposizioni preliminari, Dei requisiti del contratto (Artt. 1321-1352), Bologna-Roma, Comm.cod.civ. a cura di Scialoja-Branca, 1970