Dichiarazioni a scopo rappresentativo, didattico, nello scherzo




Le ipotesi di scuola consistenti nelle dichiarazioni emesse per scopo didattico (l'insegnante che nel corso della spiegazioni perfeziona un contratto preliminare di vendita immobiliare) ovvero rappresentativo (l'attore che nel corso di una commedia firma un assegno) non possiedono, con tutta evidenza, un valore giuridicamente impegnativo per chi le pone in essere.

Tali attività non sono in effetti percepite esteriormente come dichiarazioni di volontà negoziale, bensì come meri simulacri di dichiarazione, cui difetta vincolatività alla tregua della regola dell'affidamento. Il contesto nel quale esse vengono perfezionate risulta di per sé tale da escludere che dalle medesime possano scaturire conseguenze vincolanti per il diritto.

Per lo stesso motivo non possono valere le dichiarazioni effettuate in una situazione ludica, vale a dire nello scherzo, in modo tale che sia evidente a coloro ai quali sono destinate la mancanza di un serio intento di colui che le ha emesse. In tutte le fattispecie evocate non tanto si è di fronte a negozi nulli quanto a non negozi, vale a dire a contegni dichiarativi soltanto formalmente corrispondenti ad atti negoziali, in relazione ai quali neppure si pone la questione di una interpretazione ovvero di una qualificazione a fini giuridici.

Diverso è il caso della dichiarazione fatta per scherzo, che cioè sia tale soltanto per il dichiarante. Se non risulta chiaro a colui che la riceve che l'intento è privo di serietà essa dovrà esser reputata impegnativa per il dichiarante. In definitiva il criterio distintivo si fonda sulla attitudine a suscitare affidamento nella parte alla quale era rivolta.

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Dichiarazioni a scopo rappresentativo, didattico, nello scherzo"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti