Circonvenzione di incapace: non rileva la inattualità del pregiudizio conseguente alla condotta delittuosa. (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 23098 del 24 maggio 2019)

In tema di circonvenzione di incapace, non è necessario che, al momento dell'accertamento del fatto (consistente nell'induzione ad esprimere volontà testamentarie), non vi sia stata apertura della successione, atteso che, con riguardo alla tutela dei terzi, non è necessario che sia leso un loro diritto attuale ma è sufficiente un danno anche solo potenziale e indiretto. Pertanto, gli eredi legittimi di un soggetto che, per effetto dell'abuso del suo stato d'infermità o deficienza psichica, sia stato indotto a testare a favore dell'agente, debbono ritenersi danneggiati dall'attività illecita di quest'ultimo.

Commento

Non è irrilevante osservare come l'attività di aggiramento della volontà testamentaria, che assume il termine più specifico di captazione, è presa in considerazione dall'art. 624 cod.civ.. La conseguente alterazione patologica dell'atto conduce all'impugnabilità (condizione giuridica in un certo modo assimilabile all'annullabilità) del negozio testamentario. Occorrono condotte intese a deviare l'intento del disponente, tenuto conto delle condizioni di età, dello stato di salute fisiopsichica di costui (Cass.Civ. Sez. II, 8047/2001). Qualora tuttavia tali condizioni si concretassero nell'approfittamento di una diminuzione delle "difese" del testatore non si potrebbe escludere una rilevanza penale della condotta dell'agente, rilevante sotto il profilo dell'ipotesi di cui all'art. 594 cod.pen., cui farebbe seguito una valutazione in chiave di nullità dell'atto di ultima volontà. La pronunzia in considerazione mette a fuoco come, ai fini dell'accertamento del reato in parola, non sia indispensabile che la successione sia già aperta, essendo sufficiente la mera potenzialità del pregiudizio e l'efficienza della condotta a dar vita all'atto, in un contesto di approfittamento della minorata difesa dell'ereditando.

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