Contrarietà a norme imperative (nullità virtuali)



Con la locuzione nullità virtuali vengono in esame quelle cause di nullità non espressamente previste come tali dalla legge, bensì desunte interpretativamente sulla scorta della riconosciuta natura imperativa delle norme rispetto alle quali l'atto nullo contrasterebbe, stante il richiamo di cui al I comma dell'art. 1418 cod. civ.. Il problema è per l'appunto quello della qualificazione in chiave di imperatività delle prescrizioni nota1, soprattutto considerando che un precetto potrebbe essere considerato come inderogabile ed imperativo in un determinato ambito (es.: nel diritto amministrativo) e non in un altro (in quello dei rapporti interprivati). Non è detto cioè che una norma possieda una identica portata vincolante in ciascuno dei contesti giuridici in cui può comunque esplicare i propri effetti.

La riconosciuta natura civilistica della prescrizione imperativa ne rende applicabile la portata al di là del caso concreto nel cui ambito è stata prevista, allo scopo di evitarne facili elusioni.

Si prenda ad esempio il divieto del patto commissorio di cui all'art. 2744 cod. civ. . Esso a rigore sarebbe dettato in materia di garanzie reali (pegno ed ipoteca): viene tuttavia reputato applicabile anche alle ulteriori negoziazioni quali la alienazione di un diritto effettuata per concrete finalità di garanzia (Cass. Civ. Sez. Unite, 1611/89). Non importa che si tratti di un contratto tipico o atipico: ciò che conta è l'effetto coercitivo della volontà del debitore in relazione alla predetta dinamica, nella quale il trasferimento dei diritto sul bene dipende dall'inadempimento (Cass. Civ. Sez. II, 9466/04).

Ancora: ai sensi dell'art.2474 cod. civ., dettato in tema di società a responsabilità limitata, "in nessun caso la società può acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero accordare prestiti o fornire garanzia per il loro acquisto o la loro sottoscrizione." Secondo l'opinione prevalente la disposizione avrebbe natura imperativa, cui seguirebbe la nullità dell'atto che avesse a violarla. In materia di società mista pubblico-privata finalizzata all'erogazione di servizi pubblici locali il socio privato deve essere scelto con asta pubblica: per tale motivo l'eventuale clausola di prelazione contenuta nello statuto sarebbe nulla (Consiglio di Stato, Sez. V, 4140/2016; TAR Marche, Sez. I, 214/2016).

Che cosa dire quando la norma imperativa violata per il tramite dell'atto negoziale non possiede natura civilistica, bensì amministrativa o penale?

Si pensi al caso degli autoparcheggi. La normativa urbanistica prevede, ai fini del rilascio della concessione ad aedificandum, l'indispensabilità di un determinato rapporto tra volumetria della costruzione e superficie a disposizione per la sosta e la permanenza dei veicoli.

La questione della valenza meramente amministrativa (estrinsecantesi cioè nei soli rapporti tra costruttore e autorità preposta al rilascio della concessione ad aedificandum ) ovvero anche interprivata delle prescrizioni della legge urbanistica (L. 1150/1942 , T.U. 380/2001) hanno formato oggetto di un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale risoltosi nel senso della nullità degli atti posti in essere in violazione del precetto che impone il cennato rapporto (Cass. Civ. Sez. Unite, 3363/89).

Si ponga mente anche agli artt. 50 e 51 della legge 6 giugno 1974, n. 298 (istitutiva dell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose e introduttiva di un sistema di tariffe obbligatorie). Che cosa dire della clausola del contratto di trasporto, che, in violazione, preveda un corrispettivo inferiore a quello minimo legale?

In giurisprudenza si è a tal proposito stabilito che essa sia nulla per contrarietà alla norma imperativa di cui al III comma del citato art. 51, con conseguente automatica sostituzione, ai sensi dell'art. 1339 cod. civ., del corrispettivo legale a quello stabilito dalle parti (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 11703/92).

Ancora: si è reputato nulla per gli stessi motivi la clausola contenuta nella polizza fidejussoria con la quale la cessazione dell'obbligazione dell'appaltatore di corrispondere il premio era stata subordinata a speciali obblighi di comunicazione anche in esito all'estinzione della garanzia ai sensi dell'art.5 della L. 741/81 (Cass. Civ., Sez.III, 2670/08). Talvolta si giunge a giustificare la nullità in parola con vere e proprie acrobazie logiche, come ad esempio la non conformità di una perizia posta a base della concessione di un mutuo fondiario alle regole (di natura secondaria) che ne disciplinano la compilazione, ciò da cui è stata fatta discendere addirittura la nullità del mutuo fondiario, la cui garanzia fosse stata costituita da un immobile il cui valore non risultasse conforme alla misura minima di legge (Tribunale di Venezia, 26/07/2012).

Il problema in esame risulta ancor più rilevante in campo penale, essendo possibile configurare fattispecie civilisticamente rilevanti nelle quali l'illiceità penale della condotta di uno dei contraenti si sovrappone alla reazione ed ai rimedi previsti dalla legge civile nota2.

Note

nota1

In argomento cfr. Ferroni (a cura di), Le nullità negoziali, di diritto comune, speciali e virtuali, Milano, 1998, p. 133; Tommasini, Nullità, in Enc. dir., vol. XXVIII, Milano, 1978, p. 878.
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nota2

Occorre notare che, sebbene la Suprema Corte (Cass. Civ. 1571/60 massima non ufficiale) abbia affermato che "illiceità penale ed illiceità civile non sempre coincidono, onde non è possibile riconoscere a priori, in linea generale, l'incidenza dell'una sull'altra, essendo necessario accertare di volta in volta se e quando la trasgressione di determinati comandi o divieti acquisti rilevanza sull'economia dei rapporti privati", vi sono tuttavia casi nei quali il comportamento penalmente illecito è idoneo a determinare anche l'illiceità della causa o dell'oggetto e, dunque, la nullità del corrispondente contratto ai sensi degli artt. 1343 e ss. e 1418, II comma, cod. civ. : si pensi all'associazione per delinquere (art.416 cod. pen. ), al reato di ricettazione (art. 648 cod. pen. ), a quello di corruzione (art.318 cod. pen. ), tre fattispecie nelle quali si ravvisa una nullità per illiceità, rispettivamente, della causa, dell'oggetto, del motivo comune (Vassalli, In tema di norme penali e nullità del negozio giuridico, in Riv. critica del diritto privato, 1985, p. 467). In tali ipotesi, pertanto, il giudizio di disvalore sul quale si fonda la nullità, riguarda direttamente l'illiceità di uno degli elementi (causa, oggetto, motivo comune) del contratto, si che l'autonomo rilievo civilistico della illiceità determina direttamente la nullità, non già la norma penale imperativa ai sensi dell'art.1418, I comma, cod. civ. .

Fuori da queste ipotesi, affinché la violazione della norma imperativa penale sia di per sé idonea a determinare la nullità ex art. 1418 cod. civ., si richiede che il precetto penale vieti direttamente ed espressamente la complessiva funzione economico-sociale del contratto
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Bibliografia

  • TOMMASINI, Nullità, Enc.dir., XXVIII, 1978
  • VASSALLI, In tema di norme penali e nullità del negozio giuridico, Riv. critica dir.priv., 1985

Prassi collegate

  • Quesito n. 16-2015/I, Art. 2474, c.c. e fusione di srl
  • Quesito n. 967-2013/I, In tema di divieti ex art. 2474 cc
  • Studio 9-2007/A, L'incidenza dei regolamenti comunitari che adottano le cosiddette blacklists sull'attività degli operatori giuridici

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