Scioglimento ed estinzione del contratto di affiliazione commerciale (franchising)



Il venir meno del contratto di franchising può anzitutto dipendere dal sopraggiungere della naturale scadenza del medesimo (spesso pattuito per una durata determinata), quantomeno nelle ipotesi in cui sia escluso un automatico rinnovo in relazione alla mancanza di una formale disdetta. L'invio di quest'ultima, analogamente a quanto è possibile constatare in materia di locazione, sortirebbe per l'appunto l'effetto di impedire il rinnovo automatico del contratto di durata.

Nell'ipotesi in cui la negoziazione sia stata conclusa a tempo indeterminato sarà ben possibile recedere, con ciò provocando nel tempo stabilito il venir meno del vincolo contrattuale. Al riguardo è d'uopo osservare come il n.4 dell'art.3 della L. 129/04 prescriva che dal tenore scritto del contratto di affiliazione risultino le condizioni anche di risoluzione e di eventuale cessione del contratto stesso. Ogniqualvolta invece sia stato previsto un termine di durata, il diritto di recesso potrà essere esercitato solo in presenza di una giusta causa nota1. In ogni caso sarà necessario comunicare il recesso entro un congruo termine di preavviso: al riguardo dovranno essere esplicative le pattuizioni contrattuali scritte. Frequentemente il detto termine corrisponderà al lasso temporale di smaltimento delle scorte normalmente detenute dal franchisee. In materia ovviamente v'è la più ampia libertà di provvedere diversamente nota2. Naturalmente sarà praticabile anche lo scioglimento del contratto per mutuo consenso (art. 1372 cod.civ.). Al riguardo è stato deciso che il relativo accordo debba essere contrasegnato dalla stessa forma scritta prevista dal citato art. 3 della legge 6 maggio 2004, n. 129 a pena di nullità per il perfezionamento del contratto (Tribunale di Treviso, Sez. II, n. 1700, 9 ottobre 2010).

Oltre le citate eventualità, in un certo intrinsecamente legate alla natura di contratto di durata del franchising, è possibile riferire dell'inserimento nel congegno contrattuale di specifiche clausole risolutive espresse. In particolare le parti ben potranno prevedere la rilevanza risolutiva di specifici comportamenti di uno dei contraenti, costituenti inadempimento. Spesso viene assunta in considerazione la condotta del franchisee : si pensi al mancato o ritardato pagamento dei prodotti forniti dal franchisor, oppure alla realizzazione di un volume di affari inferiore ad un limite prefissato, ogninqualvolta detti eventi siano previsti come cause di risoluzione automatica del contratto nota3 . Tipiche ipotesi di inadempimento che ben possono esser poste a fondamento di una domanda di risoluzione sono state reputate, sia pure nel tempo precedente l'entrata in vigore della novella del 2004 , il mancato rispetto delle direttive disposte dal concedente, ovvero la morosità del franchisee (Tribunale di Milano, 23/11/1994 ). Anche il falimento di una delle parti viene annoverato tra le cause di risoluzione del contratto, non potendo ad esso sopravvivere un rapporto costruito sul presupposto di due imprese operanti in regime di reciproca integrazione nota4 . Si ritiene in questo caso applicabile la disciplina prevista dall'art. 74 l.f. per il contratto di somministrazione, norma che rinvia all'art.72 l.f. , cioè alla regola che contempla la sospensione del contratto e la facoltà di subingresso del curatore in luogo del contraente fallito in alternativa allo scioglimento del vincolo (Tribunale di Torino, 11/01/1995 ).

In relazione allo scioglimento del vincolo contrattuale è d'uso prevedere nel contratto di franchising i comportamenti (attualmente fatti oggetto di esplicita previsione normativa: cfr. II comma art.5 L. 129/04 ) che le parti dovranno tenere nella fase immediatamente successiva all'estinzione, sia a tutela del concessionario, sia a protezione del consumatore. Vengono perciò spesso predisposte clausole che prevedono o l'ultrattività del rapporto, con il relativo uso dei segni distintivi del franchisor fino all'esaurimento delle scorte in possesso del franchisee, oppure l'obbligo del riacquisto di dette scorte ad opera del concedente. Ancora si pensi a clausole di non concorrenza, ovviamente ammesse entro i limiti legali indicati dall'art. 2596 cod.civ. nota5.

nota1

Dogliotti-Figone, in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, Aggiornamento 1991-2001, Torino, 2002, p.316.
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Note

nota2

La mancanza della giusta causa determinerebbe un caso di abuso del diritto: De Guttry, Il problema della "termination" nel contratto di franchising, in AA.VV., Tipicità ed atipicità dei contratti, Milano, 1983, p.84.
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nota3

Pardolesi, Contratto di franchising, risoluzione di diritto e provvedimenti di urgenza, in Foro it., vol.I, 1982, p.2049.
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nota4

Santini, Il commercio. Saggi di economia del diritto, Bologna, 1979, p.158 e Frignani, Nuove riflessioni in tema di franchising, in Giur.it., vol.IV, 1980, p.218.
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nota5

Luminoso, I contratti tipici ed atipici, in Tratt.dir.priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 1995, p.280.
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Bibliografia

  • DE GUTTRY, Il problema della "termination" nel contratto di franchising, Milano, Tipicità e atipicità dei contratti, 1983
  • DOGLIOTTI E FIGONE, Torino, Comm.cod.civ.dir. da Cendon, 2002
  • FRIGNANI, Nuove riflessioni in tema di franchising, Giur. it., IV, 1980
  • LUMINOSO, Contratti di alienazione, di godimento, di credito, Milano, I contratti tipici ed atipici, 1995
  • PARDOLESI , Contratto di franchising, risoluzione di diritto e provvedimenti di urgenza, Foro it., I, 1982
  • SANTINI, Il commercio. Saggi di economia del diritto, Bologna, 1979

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