Diritti dei condomini sulle cose comuni



I condomini in via generale, sempre che il titolo costitutivo non disponga altrimenti, possono godere delle parti comuni dell'edificio proporzionalmente al valore dell'unità immobiliare di appartenenza (art. 1118, I comma, cod.civ.).
La legge collega pertanto l'entità della quota di partecipazione che costituisce la misura delle facoltà di godimento al valore, al "peso" della proprietà esclusiva di ciascun condomino. A tal fine viene predisposta ai sensi del II comma dell'art. 68 disp.att.cod.civ. , in allegazione al regolamento di condominio, apposita tabella millesimale in base alla quale vengono ragguagliati i valori delle singole unità immobiliari nota1.

Nell'ambito delle facoltà di godimento attribuite ai condomini vi è quella di natura generale, insita nella contitolarità dei beni (cfr. art. 1102, I comma, cod.civ.) di utilizzare liberamente le parti comuni senza alterarne la destinazione nè impedirne analogo godimento agli altri contitolari nota2 (cfr. Tribunale di Roma, 16 luglio 2018 n. 14693 per la mera allocazione di vasi contenenti fiori sul lastrico solare). Occorre inoltre considerare il modo di disporre dell'art. 1130 cod.civ. , che al numero 2, nell'ambito delle attribuzioni dell'amministratore, prevede il potere di disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini.

Delicati problemi pone la questione della modificabilità delle cose comuni ad opera di un condomino allo scopo di poter più agevolmente esercitarne il godimento. Secondo la giurisprudenza tale condotta risulta ammissibile nei limiti in cui rispetti le riferite prescrizioni di cui all'art. 1102 cod.civ. (Cass. Civ. Sez. II, 1911/87). Così il frazionamento di un appartamento in due distinte unità immobiliari con il conseguente allacciamento delle ulteriore unità alle reti tecnologiche del condominio deve reputarsi consentito (Tribunale di Trani, sent. n. 330/2016). Ancora sarebbe possibile trasformare una luce in veduta (Cass. Civ. Sez. II, ord. 13317/2022).
Non altrettanto è a dirsi per l'appropriazione in via esclusiva, da parte di un singolo condomino ed in difetto di consenso da parte degli altri, della canna fumaria già utilizzata per l'impianto di riscaldamento centralizzato (Cass. Civ. Sez. II, 26737/08) oppure l'uso del cortile come parcheggio che renda più difficoltoso il pari uso da parte degli altri o l'accesso alle proprietà individuali (Cass. Civ., Sez. II, 27940/13). Neppure sarebbe consentito ampliare l'apertura di un deposito per trasformarlo in box auto, venendo a gravare il cortile comune di un obbligo di lasciare libera l'area di accesso (Cass. Civ., Sez. II, 24720/2019). Il taglio delle travi portanti del tetto che non pregiudica la statica del condominio allo scopo di consentire il miglior godimento del lastrico solare ad uso esclusivo è stato reputato ammissibile (Cass. Civ., Sez. II, 6253/2017). Per quelle modificazioni che si ponessero al di fuori dei limiti di cui all'art. 1102 cod.civ. non potrà non essere indispensabile il consenso unanime di tutti i condomini. D'altronde va rimarcato che, ai sensi dell'art.1117 ter cod.civ., per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio, può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni. E' stato deciso che non possa essere opposto al singolo condomino che intenda realizzare a proprie esclusive cure e spese un impianto ascensore per raggiungere l'ultimo piano il divieto contenuto nel regolamento condominiale (Cass. Civ., Sez. II, 7938/2017). Ciò anche a prescindere da una situazione di conclamata disabilità.

Per quanto attiene alle facoltà di disposizione, a parte l'ovvia considerazione in base alla quale ciascun condomino può, alienando la proprietà esclusiva dell'unità immobiliare, determinare la cessione della corrispondente quota degli enti comuni, si deve precisare che, al contrario, non risulterebbe possibile cedere in tutto o in parte la propria parte di detti beni, stante la natura forzosa nota3 della contitolarità condominiale. E' stato tuttavia deciso nel senso della possibilità di alienazione della proprietà individuale esclusiva separatamente rispetto alla quota parte degli enti comuni, ogniqualvolta non sussista tra essi un vincolo di incorporazione fisica indissolubile ovvero di funzionalità essenziale al godimento delle proprietà esclusive (Cass. Civ. Sez. II, 12128/04). Neppure la divisione risulta possibile, ogniqualvolta questo importi la modificazione di parti di proprietà esclusiva del singolo condomino (Cass. Civ., Sez. II, 2983/2019).
D'altronde va rilevato che, ai sensi del II comma dell'art. 1118 cod.civ. non è ammesso per il singolo condomino fare rinunzia alla parte comune. E' stato pertanto deciso che la clausola con la quale sia stata esclusa dalla vendita la porzione di una parte degli enti comuni sia nulla (Cass. Civ., Sez. II, 1680/2015). Rimane da domandarsi tuttavia se sia ammissibile un atto di disposizione come la vendita da parte di tutti i condomini.

Si aggiunga che, ex art. 1119 cod.civ. , le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che essa non possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino (Cass. Civ. Sez. II, 2257/82) e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio nota4. In altri termini, il criterio guida ai fini del giudizio circa la possibilità di addivenire ad una divisione è quello dell'utilità funzionale del bene per ciascun condomino nota5 (Cass. Civ. Sez. II, 7667/95; Cass. Civ. Sez. II, 4806/78).
Ai sensi del IV comma dell'art. 1118, I comma, cod.civ. introdotto per effetto della riforma del 2012 (Legge 11 dicembre 2012, n. 220), il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
E' prevedibile che dalla infelice formulazione della norma possano sorgere controversie, dal momento che non sarà perspicuo stabilire quando gli squilibri di funzionamento dell'impianto possano essere definiti "notevoli" e se tale misura notevole si riferisca o meno anche all'aggravio di spesa per gli altri condomini.
Il tema della possibilità di fare rinunzia agli altri enti comuni sarà oggetto di trattazione separata.

Circa la possibilità di procedere a vantaggio di terzi alla costituzione di diritti reali minori sugli enti comuni non si può far altro se non rinviare all'analogo problema che si pone in tema di comunione ordinaria (art. 1103 cod.civ.).

Note

nota1

V. Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, p.510.
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nota2

Cfr. Branca, Il maggior godimento possibile della cosa comune, in Foro it., I, 1958, p.327; Salis, Condominio negli edifici, in N.mo Dig. it., p.1127; Marina, Giacobbe, Condominio negli edifici, in Enc. dir., p.827. In giurisprudenza si conosce di una distinzione tra un "godimento" concepito come oggettiva utilizzazione della cosa comune, come tale produttivo di un'utilità cheautomaticamentesi riverbera in favore di tutte le unità immobiliari appartenenti al condominio ed un "godimento soggettivo" concretantesi nel possibile parallelo utilizzo individuale di tali cose, riconducibile all'attività personaledel singolo condomino (es.: applicazione di insegne luminose sui muri maestri). Ne è stata dedotta (sia pure sotto la vigenza della normativa codicistica antecedente alla novella del 2012) la possibilità che il titolo del trasferimento di una unità immobiliare possa prevedere l'esclusione dal trasferimento della quota dell'ente comune quanto all'uso soggettivo (quale ad esempio il parcheggio di una vettura nel cortile comune): cfr. Cass. Civ. Sez. II 2255/00. E' stato inoltre deciso che l'apposizione di pesi sugli enti comuni, conformemente alla usuale destinazione degli stessi, in favore delle singole unità in proprietà esclusiva, non viene a concretare un diritto di servitù (Cass. Civ. Sez. II, 8830/03).
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nota3

Si vedano Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.381; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1979, p.329.
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nota4

Quest'ultimo inciso è stato aggiunto dalla legge di riforma della disciplina del condominio del dicembre 2012 e si palesa del tutto inutile, dal momento che nemmeno prima si sarebbe potuto dubitare della indispensabilità del consenso unanime di tutti i condomini per addivenire ad un atto divisionale che coinvolgesse le parti comuni.
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nota5

Tra gli altri Girino, Il condominio negli edifici, in Trattato dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, p.381;Bigliazzi Geri- Breccia-Busnelli-Natoli, op.cit., p.328; Lepri, in Comm cod. civ., diretto da Cendon, vol. III, Torino, 1997, p.524.
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
  • BRANCA, Il maggior godimento possibile delle cose comuni, Foro it., I, 1958
  • GIRINO, Il condominio negli edifici, Torino, Tratt.dir.priv.Rescigno, 1982
  • LEPRI, Torino, Comm.cod.civ. dir. da Cendon, III, 1997
  • MARINA GIACOBBE, Condominio negli edifici, Enc.dir.
  • SALIS, Condominio negli edifici, N.mo Dig.it.

Prassi collegate

  • Studio n. 175-2008/C, Edificazione su suolo comune da parte del comunista senza il consenso degli altri

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