Cass. civile, sez. V del 2023 numero 31364 (10/11/2023)



La formulazione della disposizione di cui all’art. 34 D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – come si desume, in particolare, dall’utilizzo dell’inciso “(…) è considerata vendita” – appare sancire una vera e propria “presunzione assoluta” ai fini dell’imposta di registro, in virtù della quale la divisione, con assegnazione di beni eccedenti il valore della quota sulla massa comune, deve essere sempre qualificata come vendita ed assoggettata all’imposta sui trasferimenti per la sola eccedenza di valore, prescindendo dall’eventualità che il conguaglio sia o meno corrisposto nei rapporti tra i condividenti. Per cui, il legislatore si è preoccupato di esigere, in ogni caso, l’applicazione dell’imposta sui trasferimenti nei limiti dell’eccedenza di valore, ritenendo irrilevante che il conguaglio (inteso come surplus aritmetico del valore dei beni rispetto al valore della quota) abbia formato oggetto dell’assunzione di un’obbligazione pecuniaria con funzione compensativa ovvero della disposizione di una liberalità indiretta nei rapporti tra i condividenti (Cass., Sez. 5, 1 dicembre 2020, n. 27409). I giudici di appello hanno chiarito che trattavasi di divisione fra due soggetti con attribuzione alla ricorrente di un bene il cui valore era superiore all’altro per una differenza superiore al 5%, assoggettata all’imposta proporzionale di registro nella misura stabilita per i trasferimenti immobiliari, non sussistendo, quindi alcuna violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 34 e 52.

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