Amministrazione di sostegno o interdizione: criterio per la scelta della misura di protezione. (Tribunale di Vercelli, 31 ottobre 2014)

Il criterio che deve orientare il giudice, allorquando si trovi a dover scegliere quale, tra le misure dell'interdizione e dell'amministratore di sostegno, applicare al caso concreto, deve rinvenirsi nel disposto dei primi due commi dell'articolo 410 c.c., i quali, dettati con esclusivo riferimento all'amministrazione di sostegno, impongono all'amministratore, da un lato, di «tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario», dall'altro, di «tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere, nonché il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso», predisponendo, infine, un sistema di attivazione del contraddittorio tra i soggetti dell'amministrazione di sostegno (beneficiario e amministratore) al cospetto del giudice tutelare, al fine di dirimere i contrasti eventualmente insorti. Solo nei casi in cui il sistema tracciato da tali norme non possa funzionare, ovvero possa ritenersi controproducente nell'ottica del conseguimento del best interest del beneficiario, potrà preferirsi la misura interdittiva. L'art. 418, comma III, c.c., che dispone che se nel corso del giudizio di interdizione «appare opportuno applicare l'amministrazione di sostegno, il giudice, d'ufficio dispone la trasmissione del procedimento al giudice tutelare. In tal caso il giudice competente per l'interdizione può adottare i provvedimenti di cui al comma IV dell' art. 405» è applicabile anche a fattispecie nelle quali, a fronte della già avvenuta apertura della misura di amministrazione di sostegno, sia comunque stato incardinato un giudizio di interdizione nei confronti del medesimo beneficiario, a ciò non ostando alcuna disposizione normativa in particolare, ed al fine di garantire la tutela massima e continuativa dei soggetti bisognosi di protezione. In tale ottica, il collegio ben può, con il rigetto della domanda di interdizione e contestualmente alla trasmissione degli atti al giudice tutelare, ampliare lo spettro dei poteri deferiti all'amministratore di sostegno in carica.

Commento

(di Daniele Minussi)
Nella complessa ed articolata motivazione del provvedimento in esame si rinviene il fondamento della giustificazione di un'eventuale scelta in favore dell'interdizione. Il presupposto è costituito dalla considerazione secondo la quale nell'amministrazione di sostegno beneficiario ed amministratore collaborano. Possono tuttavia esistere situazioni nelle quali non solo tale collaborazione non può funzionare, ma che un tale sistema "possa appalesarsi troppo farraginoso in relazione alla molteplice ed imponderabile varietà delle situazioni umane, così rendendo la misura dell'amministrazione di sostegno, non solo inidonea, ma addirittura controproducente rispetto ai fini di tutela degli interessi del beneficiario" (si pensi ad una complessa attività di gestione patrimoniale osteggiata dal beneficiario).
Insomma: uno spazio residuale per l'applicazione dell'istituto dell'interdizione c'è eccome...

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