Distinzione tra disposizioni a titolo universale e disposizioni a titolo particolare: la c.d. institutio ex re certa



Il II comma dell'art. 588 cod. civ. prevede che l'indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non debba per forza indicare un lascito a titolo di legato. La disposizione ben può essere a titolo universale quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio ereditario.

La disposizione serve a chiarire che la designazione di un soggetto quale erede non segue unicamente all'indicazione di costui quale beneficiario di una quota astratta dei beni ereditari (lascio a Tizio un terzo, un decimo del mio patrimonio), essendo compatibile con il titolo universale dell'attribuzione anche l'individuazione di uno o più cespiti determinati. E' tuttavia il caso di osservare come, chiusa una antica questione interpretativa nota1, se ne sia aperta una nuova, di ancor più difficile soluzione. L'assegnazione di uno o più beni determinati facenti parte dell'asse infatti è di per sè equivoca: l'interprete dovrà sondare la reale intenzione del testatore e verificare se la disposizione è sintomo della volontà di costui di lasciare quei cespiti quale porzione del compendio ereditario o, piuttosto, come distinti singoli lasciti a titolo particolare. E' chiaro che una siffatta indagine si presenta assolutamente disagevole, dal momento che non potrà se non essere prevalentemente condotta in relazione al tenore testuale dell'atto di ultima volontà, la cui più importante disposizione (cioè quella sotto indagine) è per l'appunto dichiarata per legge come perplessa. Quando invece il testatore accompagna le disposizioni con una espressa titolazione del lascito non parrebbe invero porsi il problema interpretativo qui in parola (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 12158/2015 ove se ne fa invece questione in maniera piuttosto pretestuosa)

Prescindendo infatti dal criterio cardine di cui al I comma dell'art. art.588 cod. civ., vale a dire dal tenore testuale della disposizione testamentaria che si riferisce all'universalità o ad una quota dei beni del testatore, l'attribuzione di beni determinati apre la via ad un'indagine sussidiaria circa il reale intento del disponente. Così per la soluzione del dilemma circa la natura universale o particolare del lascito (questione interpretativa di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato della S.C., se correttamente motivata: Cass. Civ. Sez. II, 3016/02 ) si è deciso che l'indagine del giudice debba essere più completa di quella che si conduce quando invece il testatore detta le disposizioni con riferimento alla quantità indeterminata dei suoi beni ( Cass. Civ. Sez. II, 5625/85 ). Infatti occorrerà verificare non soltanto l'aspetto dell'oggettività del lascito, bensì soprattutto l'aspetto soggettivo dell'intenzione del testatore (Cass. Civ. Sez. VI-II, ord. 6125/2020; Cass. Civile Sez. II, 3304/81), intenzione da valutarsi secondo le comuni regole dell'ermeneutica (Cass. Civile Sez. II, 5773/80), tra le quali anche l'art.art.1362 cod. civ. (cfr. Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 23563/2019). nota2. Non è poi consentito avere dubbi quando all'attribuzione del singolo cespite si faccia seguito con una chiamata diretta del beneficiario a succedere in una quota del patrimonio, trattandosi in tale caso di istituzione d'erede ai sensi del I comma dell'art.588 cod. civ. ( Cass. Civ. Sez. II, 5075/78 ; Cass. Civ. Sez. II, 4131/76 ). Al contrario neppure l'espressa indicazione del beneficiario come erede o come legatario può rilevare quando sia contrastante con il tenore della disposizione, potendo al più corroborare le risultanze dell'indagine condotta dal giudicante sull'oggettiva natura del lascito (Cass. Civ. Sez. II, 6110/81). In ogni caso, la questione interpretativa costituisce un aspetto di merito, come tale non censurabile in Cassazione, se correttamente motivato (Cass. Civ., Sez. II, 14315/2014).

Sicuramente illuminanti sono le espressioni del testatore nel senso dell'assegnazione dei singoli beni ai beneficiari e della parallela imposizione delle passività (es.: lascio la villa di Como a Tizio e l'appartamento di Lecco a Caio, dovendo i medesimi ripartire i debiti in relazione al valore di quanto loro attribuito), come anche considerazioni di carattere quantitativo. Così, contrariamente a quanto si potrebbe concludere secondo un ragionamento puramente teorico, se Tizio dispone nel senso di lasciare l'appartamento (con quanto in esso vi si trova) in Milano, Piazza del Duomo a Primo e tutti i residui beni (consistenti in un modestissimo residuo attivo su un conto corrente bancario) a Secondo, Primo sarà erede, non già semplicemente legatario.

Cosa dire quando, nonostante l'utilizzo di ogni criterio interpretativo, permanga comunque il dubbio circa la natura del lascito? Secondo un'opinione dovrebbe prevalere, in omaggio alla considerazione dell'interesse d'ordine generale a che vi sia comunque un erede, prosecutore ideale della persona del de cuius, la scelta nel senso della natura universale della disposizione nota3. Questa impostazione può anche essere accolta, tuttavia soltanto nei limiti in cui non sia comunque individuabile un erede facendo uso dei criteri afferenti alla successione ab intestato.

Da ultimo giova chiarire che la valutazione dei beni allo scopo di determinare il valore della quota del patrimonio ereditario deve essere condotta al momento della morte del disponente nota4.

Note

nota1

Si sosteneva infatti, sotto il vigore dell'abrogato codice del 1865, che l'istituzione d'erede potesse desumersi esclusivamente dalla determinazione in positivo di una quota numericamente indicata (Gangi, I legati nel diritto civile italiano, Padova, 1933, p. 48). Minoritaria era invece la posizione di coloro che reputavano che tale determinazione potesse anche ritrarsi ex post, sulla scorta della valorizzazione dei cespiti positivamente attribuiti, intesi per l'appunto come quota parte dell'intero compendio ereditario (Coviello, Delle successioni: parte generale, Napoli, 1932, p. 16). E' questa la soluzione infine seguita dal legislatore del 1942 con il II comma dell'art. 588 cod. civ. .
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nota2

Palazzo, Le successioni, in Tratt.dir.priv., a cura di Iudica-Zatti, vol. II, Milano, 2002, p. 646.
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nota3

Così Amadio, L'oggetto della disposizione testamentaria, in Successioni e donazioni a cura di Rescigno, vol. I, Padova, 1994, p. 901. Il parere si fonda anche sul modo di disporre dell'art. 588 cod. civ. , dal quale sembra potersi trarre che la scelta per il legato sia residuale.
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nota4

Azzariti, Le successioni e le donazioni. Libro II del Codice civile, Napoli, 1982, p. 474.
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Bibliografia

  • AMADIO, L'oggetto della disposizione testamentaria, Padova, Successioni e donazioni, I, 1993
  • AZZARITI, Successioni a causa di morte e donazioni, Padova, 1982
  • COVIELLO, Delle successioni: parte generale, Napoli, 1932
  • GANGI, I legati, Roma, 1908
  • PALAZZO, Le successioni, Milano, Tratt.dir.priv. cura Iudica e Zatti , II, 2000

Prassi collegate

  • Quesito n. 193-2014/C, Institutio ex re certa e legato

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