Distinzione tra detenzione e possesso



Un diritto non può avere ad oggetto un altro diritto: si tratta di un concetto che ha a che fare con il tema dell'oggetto della relazione giuridica che sarà analizzato separatamente. Tuttavia una cosa può essere contemporaneamente oggetto di diritti concorrenti (proprietà, usufrutto, servitù, etc.): Tizio può essere proprietario dell'appartamento in Roma, Via Appia n.5 del quale Caio vanta l'usufrutto per dieci anni, avendolo locato a Sempronio per quattro anni. Simmetricamente è possibile che una cosa sia oggetto simultaneo di situazioni possessorie del pari concorrenti nota1.

Tali diversi possessi si distinguono tra loro in relazione alla diversità di contenuto: Tizio esercita sul bene un potere corrispondente al diritto di proprietà, Caio un potere corrispondente al diritto di usufrutto, etc.. Queste considerazioni rendono già evidente che, quando sulla medesima cosa si appuntano più situazioni possessorie non risulta quasi mai possibile che l'elemento oggettivo (il corpus ) del possesso sussista in capo a ciascun possessore. Se Tizio è nudo proprietario di un appartamento in relazione al quale Caio è l'usufruttuario è evidente che la materiale disponibilità del bene non può che sussistere a favore soltanto di quest'ultimo. A dire il vero è possibile una concorrenza di possessi "materiali": si pensi all'esercizio di una servitù di passo pedonale e carraio sul fondo altrui. Al possesso diretto del proprietario del fondo si affianca l'esercizio altrettanto diretto del possesso del titolare della servitù. Diverso è il caso del compossesso nota2, che ha luogo quando vi siano più soggetti contitolari del medesimo diritto (es.: alcuni condomini rispetto agli enti comuni di un fabbricato).

Le precisazioni che precedono ci consentono di meglio introdurre la distinzione fra possesso e detenzione nota3. Quest'ultimo concetto viene evocato dal II comma dell'art. 1140 cod.civ., ai sensi del quale il possesso è esercitabile direttamente, ovvero anche per il tramite di un'altra persona che ha la detenzione della cosa (possesso indiretto o mediato), intesa come materiale disponibilità del bene nota4 disgiunta dall' animus rem sibi habendi. Ciò significa che, ai fini della nozione di possesso (quale esercizio di fatto del contenuto di un diritto), non risulta essenziale la detenzione materiale dell'oggetto: è infatti evidente che un bene detenuto da un soggetto non può esserlo da un altro.

La detenzione consiste infatti nell'avere la disponibilità di una cosa, ossia nell'avere la possibilità di utilizzarla tutte le volte che si desideri, pur nella consapevolezza che essa appartiene ad altri, ai quali comunque si deve render conto (animus detinendi) nota5. Da queste considerazioni traggono forza i fautori della tesi soggettiva ai fini della nozione del possesso, i quali evidenziano la prevalenza della considerazione dell' animus sul mero corpus. Questa priorità dell'elemento soggettivo sarebbe stata normativamente accolta proprio nella disposizione in esame: se il possesso può essere esercitato anche mediatamente per il tramite di un detentore, è chiaro che risulta essenziale ad esso soltanto l' animus, venendo degradato il corpus a mero accidente che può essere o meno congiunto all' animus (possesso diretto nel primo caso, indiretto o mediato nel secondo).

Come è evidente possesso e detenzione sono del tutto indipendenti: in ogni caso la differenza va ricercata nell'elemento psicologico. Nella detenzione esso si atteggia quale mero animus detinendi, inteso come consapevolezza di vantare determinati poteri nella relazione di fatto con la res in quanto derivati dal diritto reale altrui che si riconosce esistente. Nel possesso si tratta invece del c.d. animus rem sibi habendi o possidendi . La detenzione è una relazione di fatto con la cosa che, a differenza del possesso, non giova ai fini dell'usucapione e della tutela possessoria (se si fa eccezione per l'azione di manutenzione riconosciuta tuttavia al sano detentore qualificato).

Sia la detenzione sia il possesso possono dirsi usualmente costituiti dai due componenti relativi al corpus (potere di fatto di esercitare sul bene un contenuto di diritto) ed all ' animus . Tuttavia mentre nel possesso il corpus può in concreto mancare (possesso mediato), nella detenzione esso mai può fare difetto nota6. Per converso l' animus inteso come intenzione di avere la cosa per sè è presente solo nel possesso. Il c.d. animus detinendi infatti è qualcosa di assolutamente diverso dall' animus rem sibi habendi : il primo consiste, a differenza di quanto si può dire per il secondo, proprio nel riconoscimento dell'esistenza di avere il potere di fatto in quanto derivato dall'altrui diritto reale.

A questo punto si pone un problema: se può essere agevole dar conto dell'elemento esteriore, cioè del corpus (Tizio ha la disponibilità delle chiavi di un appartamento), non altrettanto è a dirsi per quanto attiene alla prova dell'elemento soggettivo, cioè dell' animus (Tizio ha le chiavi dell'appartamento e si comporta come se fosse suo oppure è consapevole di averne la disponibilità come conduttore, riconoscendo l'altrui proprietà dell'immobile?).

Come fare a distinguere tra detenzione e possesso? La differenza implica infatti l'esame dell'elemento soggettivo, dell' animus , il che evidentemente non è percepibile in modo immediato, poichè esso non si deduce se non in forza di un'indagine probatoria complessa e non in forza ad elementi visibili in fatto.

Si tratta a ben vedere di una difficoltà simile a quella che si riscontra a proposito dell'apprezzamento della esistenza del diritto (jus possidendi) a supporto del semplice possesso (jus possessionis). Anche in questo caso infatti non è esteriormente percepibile se al potere di fatto corrisponda un diritto soggettivo sussistente in capo a colui che lo esercita.

La legge ha previsto proprio per rispondere, almeno provvisoriamente, all'interrogativo circa la natura della situazione di fatto, la presunzione di possesso di cui al I comma dell'art. 1141 cod.civ..

Incombe su colui che nega la natura possessoria del potere di fatto esercitato sulla res provare che non già corrisponda al possesso, bensì alla mera detenzione (Cass. Civ. Sez. II, 966/83 ; Cass. Civ. Sez. II, 1172/80 ). Ciò normalmente implica la prova del fatto che la situazione abbia avuto inizio come detenzione, che sia scaturita cioè come tale da un titolo (es.: un comodato, una locazione). Una volta che questa prova fosse stata raggiunta incomberebbe su colui che esercita il potere sulla res dar conto del sopraggiungere di un fatto modificativo della detenzione in possesso (art. 1141, II comma, cod.civ.). Cfr. anche Cass. Civ., Sez. II, 7821/2015 sulla situazione di colui che, avendo accettato con atto separato la donazione fattagli, non abbia ancora provveduto a notificare l'accettazione al donante.

Note

nota1

V. Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.170.
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nota2

Sull'argomento si vedano, tra gli altri, Pollice, Contributo allo studio del compossesso, Napoli, 1993; Levoni, La tutela del possesso, I. L'oggetto della tutela e le azioni, Milano, 1979, pp.153 e ss.; Portale, Note in tema di compossesso e usucapione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1966, pp.473 e ss..
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nota3

Cfr. Liotta, Detenzione, in Enc. giur. Treccani; Montel, Detenzione (dir.civ.), in N. Dig. it..
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nota4

Galgano, Diritto privato, Padova, 1994, p.130.
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nota5

Così Montel, Il contenuto del rapporto possessorio, in Giur. agraria it., 1965, pp.525 e ss., e La disciplina del possesso, Torino, 1951, p.24; Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.384.
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nota6

Tuttavia alcuni Autori addirittura ammettono l'esistenza di una detenzione mediata o indiretta, quando cioè il detentore affidi il potere di fatto su una cosa ad altri. In tal senso Dalmartello, La consegna della cosa, Milano, 1950; Sacco, Il possesso, in Tratt.dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1988, p.144. Al contrario, sull'impossibilità di una detenzione indiretta, si vedano p.es. Natoli, Il possesso. Appunti delle lezioni, Pisa, 1971, p.132; Fedele, Possesso ed esercizio del diritto, Torino, 1950, p.107; Gentile, Il possesso nel diritto civile, Napoli, 1956, p.64.
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Bibliografia

  • DALMARTELLO, La consegna della cosa, Milano, 1950
  • FEDELE, Possesso ed esercizio del diritto, Torino, 1950
  • GALGANO, Diritto privato, Padova, 1994
  • GENTILE, Il possesso nel diritto civile, Napoli, 1956
  • LEVONI, La tutela del possesso, Milano, I, 1979
  • LIOTTA, Detenzione, Enc. giur. Treccani, X, 1988
  • MONTEL, Detenzione, N. Dig. It., V
  • MONTEL, Il contenuto del rapporto possessorio, Giur.agraria it., 1965
  • MONTEL, La disciplina del possesso nel codice civile italiano, Torino, 1951
  • NATOLI, Il possesso. Appunti delle lezioni, Pisa, 1971
  • POLLICE, Contributo allo studio del compossesso, Napoli, 1993
  • PORTALE, Note in tema di compossesso e usucapione, Riv.trim.dir. e proc.civ., 1966
  • SACCO, Il possesso, Milano, Tratt.dir.civ. e comm. diretto da Cicu e Messineo, 1988

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