Corte cost. del 2018 numero 32 (24/01/2018)



Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5, co. 1, e 6, co. 1, lett. i), del D.Lgs. n. 122/2005 (Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge n. 210/2004), sollevate, in riferimento all'art. 3, comma I, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Siena. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, co. 1, lett. d), del medesimo D.Lgs. n. 122/2005, sollevata, in riferimento all'art. 3, comma I, Cost., dal Tribunale ordinario di Siena. (Il giudice a quo osservava che il D.Lgs. n. 122/2005, nel definire "immobili da costruire" gli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità, esclude dall'ambito applicativo della normativa di protezione, introdotta dal citato decreto legislativo, i contratti di acquisto di immobili per i quali non sia stata ancora depositata domanda di permesso di costruire, anche nelle ipotesi in cui il mancato ottenimento di tale permesso sia previsto quale condizione risolutiva della stessa pattuizione. La Corte Costituzionale chiariva che il dato caratterizzante della fattispecie alla quale tale disciplina si riferisce è costituito dalla sua collocazione nell'alveo del prescritto procedimento amministrativo di rilascio del permesso di costruire e quindi di verifica della compatibilità di ciò che l'imprenditore sta costruendo - o si accinge a costruire - con la vigente normativa urbanistica. Ciò rappresenta l'elemento differenziale rispetto alla diversa fattispecie dell'immobile da costruire per il quale non sia stato nemmeno richiesto il relativo permesso e che pertanto non vede sorgere nel promittente acquirente quel particolare affidamento nel contesto di legalità in cui si colloca l'iniziativa imprenditoriale di costruzione dell'immobile ove almeno tale permesso sia già stato richiesto. L'acquisto di immobili da costruire cosiddetto "sulla carta" si connota come operazione economica maggiormente rischiosa - ma non perciò illecita, né meramente aleatoria - per il promittente acquirente, che di ciò non può non essere consapevole anche al di là di specifici oneri informativi ove il contratto ricada nell'ambito di applicazione del codice del consumo. La tutela è quella codicistica e segnatamente la nullità del contratto - non già quella speciale di protezione ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs. n. 122/2005 - ma quella ordinaria ai sensi dell'art. 1472, comma II, c.c. laddove "la cosa non viene ad esistenza". Ed è tale elemento, complessivamente valutato, che differenzia le fattispecie oggetto della comparazione posta dal giudice rimettente sì da poterle conclusivamente valutare come non omogenee rispetto al principio di eguaglianza (art. 3, comma I, Cost.) con la conseguenza che non ingiustificata è la diversità di disciplina oggetto della censura di illegittimità costituzionale in oggetto. Rientra quindi nella discrezionalità del legislatore perimetrare l'apparato delle garanzie suddette riferendo la loro applicazione alla compravendita di immobili la cui futura costruzione già si collochi nell'alveo del rispetto della normativa urbanistica per essere stato almeno richiesto il permesso di costruire senza che dal principio di eguaglianza (art. 3, comma I, Cost.), in riferimento al tertium comparationis dedotto dal giudice rimettente, possa farsi derivare un'esigenza costituzionale di parificazione mediante l'estensione delle stesse garanzie anche alla diversa fattispecie della vendita di immobili da costruire per i quali non sia stato neppure richiesto il relativo permesso).

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