Appartenenza ad una categoria di successibili (presupposti della vocazione ab intestato)



Perché possa farsi luogo alla successione legittima si pone, quale presupposto ulteriore rispetto all'evento morte ed alla mancanza parziale o totale della vocazione testamentaria ereditaria, l'esistenza di un valido titolo a succedere. Viene in considerazione l'appartenenza ad una delle categorie di successibili espressamente individuate dalla legge. Non è inutile precisare come tale circostanza sia ordinariamente acclarabile mediante la consultazione dei registri dello stato civile. Cosa accade nell'ipotesi in cui si sia verificata la distruzione, la perdita, la sottrazione di dati? Al riguardo è stato deciso come sia ammissibile fare ricorso a qualsiasi mezzo di prova (Cass. Civ. Sez. II, 22192/2020), conformemente al modo di disporre di cui all'art. 452 cod.civ..

Il sistema legislativo della successione legittima contempla la previsione di determinate categorie di successibili, i quali vengono chiamati all'eredità sulla base di un loro rapporto con il defunto. Tale particolare relazione viene considerata tradizionalmente come titolo a succedere, come presupposto quindi dell'operatività della suddetta successione. Vengono in esame il vincolo coniugale, il vincolo di parentela al quale è equiparato quello di adozione speciale, il vincolo di adozione ordinaria (ma solo a favore dell'adottato e non dell'adottante cfr. art. 304 cod.civ.) e, in ultima istanza come detto, il rapporto di cittadinanza.

Va fin da subito rilevato che in un primo tempo la riforma del diritto di famiglia operata con la novella del 1975 ebbe radicalmente a innovare la materia, integrando la categoria dei successibili, in omaggio ai principi costituzionali di cui agli artt. 29 e 30 Cost., ispirandosi ad una concezione della famiglia legittima in senso ristretto, dove i coniugi si trovano in posizione di parità e dove i figli naturali erano equiparati, almeno dal punto di vista patrimoniale, ai figli legittimi nota1. A far tempo dall'entrata in vigore della riforma della filiazione di cui al d.lgs. 154/2013 (cioè dal 7 febbraio 2014) non rileva più il vincolo di parentela naturale, essendo stato soppresso anche il c.d. diritto di commutazione.

E' opportuno specificare che non tutti i vincoli familiari sono considerati dalla legge come titoli di successione, restando totalmente esclusi dalla successione legittima gli affini sia in linea retta che collaterale.

Più precisamente vengono in considerazione il vincolo di parentela legittima fondato sul rapporto di filiazione oppure (soltanto tuttavia relativamente alla linea retta) sull'adozione speciale ed il rapporto coniugale fondato sul matrimonio.

Come avremo modo di vedere partitamente, sensibili interventi in merito a tale disciplina ha svolto la Corte Costituzionale, dichiarando, tra l'altro, costituzionalmente illegittimo l'art. 565 cod.civ. nella parte in cui non considerava tra i chiamati alla successione legittima, in mancanza di altri successibili e prima dello Stato, i fratelli e le sorelle riconosciuti o dichiarati. Tali pronunce si inseriscono in un quadro di progressivo allargamento della famiglia legittima, ai fini dell'operatività del sistema successorio, contemplando la devoluzione dei beni allo Stato solo come ultima istanza, in via assolutamente residuale.

Il vincolo familiare, costituendo, come detto, titolo per la successione legittima, va provato da quanti intendano far valere il proprio diritto successorio. Ciò secondo gli ordinari criteri sull'onere della prova. Tale onere risulta pienamente assolto mediante l'esibizione dell'atto dello stato civile, col possesso di stato per i figli, con l'atto di riconoscimento e con la sentenza che definisca la questione di stato per il figlio già definito prima della riforma del 2013 come "naturale" (cfr. Cass.Civ. Sez.II, 1484/95).

Secondo un'opinione, dal combinato disposto dell'art. 457, II comma, cod. civ. e dell'art. 2697 cod. civ. si evincerebbe inoltre che colui il quale assuma di essere erede legittimo debba provare non soltanto di appartenere ad un preciso ordine successorio, ma anche la mancanza di un erede testamentario nota2. A ciò si oppone, non a torto, l'inutilità e l'incongruenza di una tale costruzione. Considerando che la mancanza della successione testamentaria è un elemento costitutivo della fattispecie della successione legittima, non potrebbe infatti imporsi all'erede legittimo di dare prova dell'inesistenza di un erede testamentario. Il criterio di soluzione del problema, si è fatto acutamente notare, va ricercato nella natura dispositiva delle norme sulla vocazione legittima. Tale natura comporta, secondo i principi generali, che l'esistenza di una dichiarazione di volontà diretta ad incidere sulla norma derogabile, forma oggetto di una prova che deve essere prestata non da chi ne invoca l'applicazione, bensì a chi la contrasta nota3.

Una speciale rilevanza in tema di vocazione legittima rappresenta l'istituto del c.d. "maso chiuso" che vige in Alto Adige nella provincia di Bolzano. La legge infatti individua l'assuntore del maso in base alla legge provinciale 28 novembre 2001, n. 17, il cui art. 14 (dichiarato incidentalmente illegittimo quando al I comma lettera g) dalla Corte Cost. 9 febbraio 2021 n.15) prevede, in caso di successione legittima, in mancanza di un accordo tra coloro che secondo il codice civile sono chiamati a succedere, che l'assuntore o l'assuntrice del maso chiuso sia determinato/a dall'autorità giudiziaria in base ad un preciso ordine di preferenza. Giova osservare come ogni istanza volta alla determinazione dell'assuntore non possa non essere sempre considerata come domanda principale e non riconvenzionale quand'anche proposta dal convenuto (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 1470/2022).

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Note

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Così Cannizzo, Successioni legittime e necessarie, in Il diritto privato nella giurisprudenza a cura di Cendon, vol. II, Torino, 2000, p.134. In dottrina si rileva altresì che il coniuge, che nel sistema precedente risultava tendenzialmente emarginato, ha assunto con la riforma detta una posizione di assoluto rilievo nel sistema successorio legale, pur non formando tecnicamente con i figli un'unica classe di successibili. Il loro titolo a succedere, infatti, non è rappresentato dalla qualità di membri della famiglia costituita dal matrimonio del defunto (essi potrebbero appartenere a famiglie distinte costituite dal defunto con matrimoni contratti in tempi successivi, ma è pur sempre un rapporto di natura diversa, il matrimonio per l'uno, il rapporto di filiazione per gli altri. Nemmeno si può dire che formino insieme il primo ordine della successione, posto che, in mancanza di figli, il coniuge non concorre da solo all'eredità e non esclude conseguentemente gli altri successibili, ma viceversa subisce il concorso degli ascendenti e dei fratelli e delle sorelle del de cuius. Sul punto, cfr. Mengoni, Successione legittima, in Tratt.dir.civ.comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 2000, p.42.
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Così Cannizzo, op.cit., p.134.
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nota3

Mengoni, op.cit., p.37.
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Bibliografia

  • CANNIZZO, Successioni legittime e necessarie, Torino, Il diritto privato nella giurisprudenza , II, 2000
  • MENGONI, Successione legittima, Milano, Tratt.dir.civ. e comm.diretto da Cicu-Messineo, 2000

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