68 - Copertura delle perdite e rilevanza degli utili di periodo


Massima

22 novembre 2005

L'abbattimento del capitale sociale per perdite può avere luogo solo previo utilizzo delle eventuali riserve, posto che, ove il capitale stesso fosse ridotto nonostante l'esistenza di altre voci di netto patrimoniale, si verserebbe nella diversa fattispecie della riduzione di cui agli articoli 2445 o 2482 cod. civ., e non in quella di riduzione per perdite.
Tale esigenza implica che l'utile di periodo (cioè il risultato di segno positivo creatosi nel tempo compreso tra la chiusura dell'ultimo esercizio e la data di riferimento della situazione infrannuale) debba essere conteggiato ai fini della determinazione della misura della perdita da coprire, tutte le volte che la sua mancata considerazione determinerebbe riduzione del capitale.

Motivazione

La massima fa il punto sulle modalità di esatta copertura delle perdite.
Prende spunto: (i) dalla opinione dottrinaria da tempo dominante, e dalla giurisprudenza ordinaria che, ancora tra gli anni '80 e '90, ebbe definitivamente a riconoscere che le perdite devono incidere sulle riserve, e solo dopo avere consumato queste, eventualmente sul capitale; e (ii) dalla più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui l'utile di periodo è da conteggiare ai fini della esatta determinazione della perdita.
L'orientamento della sopra citato sub (i) è oramai consolidato; ha fondamento, come è noto, nella funzione stessa della riserva quale presidio della integrità del capitale sociale. Riguardo a ciò può essere utilmente notato:
a) che, eccezionalmente, alcune voci di riserva, per loro disciplina ovvero per la funzione che assolvono, diversa da quella di presidio del capitale sociale rispetto alle perdite, sono sottratte alla destinazione a copertura perdite: tale è il caso, con motivazioni diverse, della riserva azioni proprie e delle voci di netto originate da contribuzioni pubbliche, per le quali penda il termine di "rischio restituzione", cioè mancato decorso del vincolo di destinazione imposto sui beni finanziati;
b) che (al di fuori dei casi predetti, eccezionali) il mancato utilizzo della riserva in via anticipata rispetto all'abbattimento del capitale sociale determinerebbe riduzione di questo in misura eccedente la perdita, concretandosi, così, riduzione non più atipica o illecita, bensì (secondo la riforma che, come noto, ha eliminato il requisito dell'esuberanza) da assoggettare agli artt. 2445 o 2482 cod. civ..
L'orientamento più recente della Corte di Cassazione sopra citato sub (ii) ha più giovane storia; supera la precedente linea interpretativa, secondo la quale solo il decorso dell'esercizio, cioè dalla scansione temporale ordinaria nella vita della società, consente di attribuire rilevanza alle voci di riserva da utili. La Corte di Cassazione ha il merito di avere colto la fondamentale differenza di prospettiva che all'utile di periodo deve essere attribuita allorchè il suo accertamento non sia funzionale ad una distribuzione (vietata salvo nei casi previsti dalla legge), bensì alla diversa funzione di evitare indebite riduzioni del capitale sociale: fermo restando che "indebite" è da interpretarsi, secondo quanto prima detto, come da assoggettarsi alle cautele previste dagli artt. 2445 o 2482 cod. civ..

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