Usucapione di servitù di passaggio. Rapporti tra prossimi congiunti: come distinguere la mera tolleranza dal possesso uti dominus? (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 15183 del 4 giugno 2019)
La parte che rivendica la costituzione per usucapione di una servitù di passaggio sul fondo del prossimo congiunto, a differenza di quanto accade nei rapporti tra estranei, non può limitarsi ad accreditare il verificarsi del passaggio per il periodo ultraventennale, per soddisfare l'onere probatorio circa la sussistenza del possesso ad usucapionem. È invece tenuto a distinguere il passaggio esercitato in forza di tolleranza del proprietario da quello esercitato uti dominus, valorizzando solo quest'ultimo al fine di verificare la maturazione del termine minimo per usucapire il diritto. Per la sussistenza del possesso utile per usucapire una servitù di passaggio occorre che questo sia inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo prescritto dalla legge, l'esercizio di un potere corrispondente a quello del proprietario, non riconducibile dunque alla mera tolleranza del medesimo dovuto a rapporti di parentela.