La separazione personale non preclude il riconoscimento del danno non patrimoniale al coniuge superstite. (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 1025 del 17 gennaio 2013)

Il risarcimento del danno non patrimoniale sotto il profilo del pregiudizio morale può essere accordato ad un coniuge per la morte dell’altro anche se vi sia tra la parti uno stato di separazione personale, purché si accerti che l’altrui fatto illecito (nella specie il sinistro stradale causa del decesso) abbia provocato nel coniuge superstite quel dolore e quelle sofferenze morali che solitamente si accompagnano alla morte di una persona più o meno cara. La separazione, infatti, in sé e per sé non è di ostacolo al riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale. È, tuttavia, necessario dimostrare che, nonostante la separazione, sussista ancora un vincolo affettivo particolarmente intenso, con la conseguenza che l’evento morte ha determinato un pregiudizio in capo al superstite. Anche se non vi è più un progetto di vita in comune, il precedente rapporto coniugale, nonché la permanenza di un vincolo affettivo – ad esempio individuato nella presenza di un figlio in comune e nel breve lasso di tempo intercorso dalla frattura della vita coniugale - legittimano la richiesta di risarcimento. Relativamente al quantum del risarcimento, legittima risulta una riduzione della liquidazione rispetto all’eventuale sinistro in costanza di matrimonio.

Commento

(di Daniele Minussi)
Gli elementi costituiti dal poco tempo trascorso dalla separazione e dall'esistenza di un figlio in comune sono stati reputati tali da fondare la prova dell'esistenza di un vincolo affettivo legittimante la richiesta di risarcimento di un danno morale in favore del coniuge ancorchè separato.
Cosa dire se i figli fossero stati più d'uno, ma fossero decorsi molti anni dalla separazione? E' certo difficile stabilire un criterio preciso per una questione probatoria non agevole.

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