Simulabilità della quietanza di pagamento



E' possibile che la quietanza sia simulata? Il problema non è di poco conto e si intreccia con la più generale questione della simulabilità dell'atto avente natura confessoria, ambito al quale spesso la quietanza viene ricondotta (cfr. Cass. Civ., Sez.II, 23971/2013, la quale ha ammesso la possibilità che la risultanza di essa possa essere superata dalla confessione giudiziale resa dal debitore che ammetta di non aver effettuato il pagamento). Giova anzitutto rilevare come, successivamente l'entrata in vigore (4 luglio 2006) delle disposizioni in materia di tracciamento degli strumenti di pagamento di cui alla c.d. "legge Bersani", sia divenuto ben più difficile simulare il pagamento del prezzo di una vendita immobiliare. Infatti non è sufficiente la mera quietanza, dovendo ciascun atto recare la puntuale indicazione dei mezzi di pagamento, cui accede la possibilità di dar corso a indagini intese ad accertare la concreta esecuzione delle operazioni bancarie in esecuzione degli stessi.

La questione, in generale, non è semplicemente quella di ipotizzare che il debitore Tizio possa concordare con il creditore Caio di fingere di aver pagato onde creare un'apparenza che possa essere esibita a terzi (si pensi a due amici l'uno dei quali sia creditore dell'altro: è possibile che, allo scopo di acquietare i parenti del debitore, il creditore si presti a suffragare la menzogna del debitore che abbia riferito di aver sistemato ogni passività confezionando, d'intesa con costui, una quietanza "artificiale"), ma si intreccia con il conferimento da parte del creditore di poteri rappresentativi ad un incaricato, tra le altre cose, di ricevere un pagamento.
Si faccia il caso di Primo, mandante non partecipe ed ignaro dell'accordo simulatorio intervenuto tra il proprio mandatario e l'altra parte contraente, il quale agisca per far valere la simulazione della dichiarazione di quietanza rilasciata dal mandatario all'altra parte in relazione ad una vendita posta in essere dal mandatario. E' evidente l'interesse del mandante (terzo rispetto alla simulazione) a provare la simulazione dell'atto, al fine di ottenere l'adempimento della parte acquirente, oltre all'eventuale risarcimento del danno nei confronti del mandatario inadempiente ai propri obblighi: Cass. Civ. Sez. II, 125/00. In tal senso è stato deciso che il creditore possa dare la prova della non veridicità del fatto di cui alla quietanza (cioè il pagamento) rilasciata dal rappresentante, pur munito di idonei poteri (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 10687/02 ). E' stata tuttavia negata la possibilità che della simulazione possa venir dato conto per il tramite di prove testimoniali (essendo indispensabile la controdichiarazione scritta: cfr. Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 33200 del 10 novembre 2022), rispetto alle quali si porrebbe come ostativo il principio di cui all'art. 2726 cod. civ. , norma che richiama il divieto di cui all'art. 2722 cod. civ. (cfr. Cass. Civ. Sez. Unite, 6877/02; cfr. anche Trib. Roma, 12 novembre 2004).

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