Promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo



La promessa del fatto del terzo consiste nell'assunzione dell'impegno da parte del promittente nei confronti del promissario in ordine al compimento da parte di un altro soggetto (il terzo) di una determinata condotta. Questa può consistere nell'assunzione di un'obbligazione ovvero nel porre in essere un certo comportamento.

La figura è prevista dalla legge all'art. 1381 cod.civ., in forza del quale il promittente è tenuto ad indennizzare l'altro contraente se il terzo rifiuta di obbligarsi ovvero non compie il fatto promesso. In altri termini, dalla promessa sembrerebbe scaturire a carico del promittente u na peculiare obbligazione di facere consistente in un doversi attivare presso il terzo affinchè costui assuma l'obbligazione o compia il fatto promesso. Che cosa accade se il terzo non pone in essere la condotta considerata? Secondo l'opinione prevalente nota1, da questa situazione deriva in ogni caso l'obbligo del promittente di rivalere il promissario nei limiti previsti dall'art. 1381 cod. civ. , essendo del tutto indifferente la ragione del mancato raggiungimento del risultato promesso. Sarebbe pertanto precluso un sindacato circa la non imputabilità al promittente dell'esito negativo delle pressioni esercitate per indurre il terzo a porre in essere la condotta prevista. Il fatto oggettivo costituito dal mancato comportamento del terzo induce l'obbligo di rivalere il promissario (Cass.Civ. Sez. II, 12118/92 ). Questa impostazione è stata, in base a solidi argomenti, recentemente sottoposta a critica. E' stato rilevato, in particolare, come la struttura della fattispecie in considerazione si articoli su due distinti piani:
a) quello relativo alla garanzia del promittente in ordine al raggiungimento del risultato promesso, ciò che nell'ipotesi di mancato ottenimento dello stesso darebbe luogo semplicemente al diritto all'indennizzo in capo al promissario;
b) quello del rapporto obbligatorio, palesandosi la sussistenza di una vera e propria obbligazione di facere in capo al promittente in ordine ad una condotta adeguata e volta ad ottenere dal terzo la condotta promessa.

Nell'ipotesi di violazione dell'obbligazione di cui al punto b) rimane integra la possibilità per il promissario di avvalersi degli ordinari strumenti risarcitori, secondo le regole ordinarie, tra le quali l'art.1218 cod.civ., anche per quanto attiene all'onere della prova dell'eventuale causa non imputabile (Cass. Civ., Sez. II, 1137/03 ). La norma parla invece, con riferimento all'aspetto legato al punto a) che precede, non già di risarcimento del danno, bensì di indennizzo (la distinzione non è invero irrilevante: cfr. Cass.Civ. Sez. II, 3228/84 ). La determinazione della misura del medesimo, che si reputa commisurata all'utilità non conseguita dal promissario, dovrà essere determinata equitativamente dal giudice (Cass.Civ. Sez. Lavoro, 6984/91). In definitiva la promessa genererebbe una prestazione di garanzia, essendo del tutto indifferente il motivo del rifiuto del terzo nota2. Nè, con tutta evidenza, in conseguenza di questo rifiuto potrebbe essere domandata a carico del promittente l'esecuzione in forma specifica (Cass.Civ. Sez. II, 1991/87). Detta funzione di garanzia è stata rinvenuta, ad esempio, nella consegna di un assegno bancario fatta dal professionista di una delle parti al professionista dell'altra parte a fronte del futuro perfezionamento di una cessione di partecipazioni sociali (Cass. Civ. Sez. VI-I, 911/2020).

Nulla si dice circa la situazione del terzo, ma è intuibile che quest'ultimo, il quale non ha preso parte all'accordo, non può essere in alcuna misura considerato vincolato nei confronti del promissario a causa della promessa (Cass. Civ. Sez. II, 2449/79). La regola appare del tutto coerente rispetto al principio in forza del quale res inter alios acta tertio neque nocet neque prodest.

E' salva l'ipotesi in cui il terzo sia tenuto ad obbligarsi nei confronti del promissario in conseguenza di ulteriori e diversi accordi intercorrenti tra lui medesimo ed il promittente: in tal caso tuttavia il vincolo per il terzo è comunque esterno rispetto alla promessa effettuata ai sensi dell'art. 1381 cod.civ.. In questa ipotesi, nella quale il terzo sia già giuridicamente vincolato a tenere una determinata condotta, l'impegno dell'ulteriore soggetto che ne garantisca la condotta potrebbe al più assumere le caratteristiche della fidejussione (Cass.Civ. Sez. I, 2965/90 ; Cass.Civ. Sez. III, 1081/82) nota3 .

La promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo può manifestarsi come autonoma nota4. Più spesso tuttavia è contenuta, o piuttosto collegata, ad un contratto a prestazioni corrispettive, rispetto al quale viene ad integrare il contenuto della posizione negoziale di una delle parti. In questa ipotesi le conseguenze della mancata consecuzione del risultato promesso non rimane isolata, manifestando la propria influenza sul sinallagma contrattuale: ne segue la possibilità per l'altro contraente di agire in risoluzione, con riferimento a quella che non può non essere considerata una condotta inadempiente (Cass.Civ. Sez. II, 2699/96 ; Cass.Civ. Sez. I, 5216/93 ). Queste precisazioni non sono irrilevanti con riferimento alla distinzione tra l'istituto in esame e la vendita di cosa altrui. Si pensi, al riguardo, anche alle conseguenze in tema di contratto preliminare di vendita di bene indiviso, nel quale ogni comproprietario si ponga anche quale promittente rispetto all'obbligazione di trasferimento altrui (Cass. Civ., Sez. II, 11549/2014).

Note

nota1

Sacco, Il contratto, in Trattato di dir.civ.it., dir. da Vassalli, vol.VI, t.2, Torino, 1975, p.500 e Alcaro, voce Promessa del fatto del terzo, in Enc.dir., p.77.
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nota2

Cfr. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 1994, p. 550.; Briganti, Fidejussione e promessa del fatto altrui, Napoli, 1981, p.110 e s.. E' stato tuttavia deciso, con riferimento alle cause di estinzione dell'obbligazione scaturente dalla promessa, che l'impossibilità sopravvenuta della prestazione sia applicabile anche alla figura in esame (Cass.Civ. Sez. Lavoro, 5347/98). Questa interpretazione pare invero in contrasto rispetto alla oggettiva rilevanza della mancata consecuzione del risultato promesso che sarebbe tipica della prestazione di garanzia.
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nota3

Ritiene che in questa fattispecie possa ravvisarsi una fideiussione anche Scalfi, La promessa del fatto altrui, Milano-Varese, 1955, p.102.
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nota4

Così Betti, Teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1953, p.83, e Scalfi, cit., p.60, per il quale il mancato verificarsi dell'evento atteso convertirebbe il contenuto del rapporto in un debito d'indennità.
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Bibliografia

  • ALCARO, Promessa del fatto del terzo, Enc.dir.
  • BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, Milano, vol. III, 2-IV, 1955
  • BRIGANTI, Fideiussione e promessa del fatto altrui, Napoli, 1981
  • SACCO, Il contratto, Torino, Tratt.dir.civ.dir. da Vassalli, VI, 1975
  • SCALFI, La promessa del fatto altrui, Milano Varese, 1955

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