Perpetuità della eccezione di prescrizione


Suole essere riferita l'esistenza di una regola generale secondo la quale, anche quando si è compiuta la prescrizione di una determinata azione, si conserverebbe la possibilità di far valere la relativa situazione giuridica in via di eccezione. Si tratta della cosiddetta perpetuità dell'eccezione (quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum)nota1.
La tutela giuridica posta a difesa di un rapporto può manifestarsi all'atto della violazione del medesimo, tanto in via di azione quanto in via di eccezione. Giova rammentare che un diritto si prescrive quando v'è una situazione di mancanza di esercizio del diritto, di inerzia di un soggetto che dovrebbe reagire alla violazione del diritto, protratta per il tempo stabilito dalla legge.
Si ponga mente all'esempio che segue. Tizio, avendo stipulato sette anni prima con Caio un contratto preliminare di vendita immobiliare, svolge domanda giudiziale onde ottenere l'emissione di una pronunzia che tenga luogo del contratto definitivo non concluso ex art. 2932 cod.civ.. Caio si costituisce in giudizio eccependo la successiva stipulazione tra le stesse parti per iscritto di un contratto risolutorio del precedente preliminare, in base al quale venne addirittura restituita la caparra precedentemente consegnata. L'attore Tizio a propria volta eccepisce l'annullabilità del contratto risolutorio per violenza psichica. Poichè l'azione di impugnativa per violenza si prescrive in cinque anni a far tempo dalla cessazione della violenza (art. 1442 cod.civ.), Tizio non potrebbe, nel caso prospettato, far valere oltre il quinquennio le ragioni che avrebbe dovuto far valere in via di azione.
Poiché infatti Tizio ha dato attuazione al contratto risolutorio, addirittura restituendo quanto precedentemente ricevuto da Caio a titolo di caparra, si deve ritenere prescritta sia l'azione di annullamento per violenza, sia la relativa eccezione.
Diversamente si sarebbe dovuto concludere qualora non fosse stata data esecuzione al contratto risolutorio (es.: non restituendosi materialmente la caparra). In tal caso l'inesecuzione del contratto avrebbe giocato il ruolo di rendere non significativa l'inerzia del titolare del diritto all'impugnativa, rendendo possibile a costui, convenuto in giudizio per l'adempimento, opporre il vizio anche oltre il termine prescrizionale dell'azione, in via di eccezione nota2. E' questo il senso dell'art. 1442 ultimo comma cod.civ., che sarà oggetto di apposita disamina.
Si considerino in tal senso anche il modo di disporre dell'art. 1495 cod.civ. dettato in tema di vizi del bene nella compravendita, nonché l'art. 1667 cod.civ., in materia di appalto.
Occorre chiarire la portata del principio, che non si pone, è bene precisare, come una regola assolutamente generale: esso non conosce applicazione in tema di rescindibilità del contratto, essendo espressamente stabilito che siffatta situazione patologica non possa, una volta decorso un anno, essere opposta neppure in via di eccezione (art. 1449 cod.civ.)nota3.

Note

nota1

Cfr.Pagano, Sul valore del principio "quae temporalia ad agendum, perpetua ad excipiendum", in Dir. e giur., 1955, p.442 e ss.
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nota2

Così anche Bianca, Diritto civile, vol.V, Milano, 1997, p.341, per il quale il rifiuto dell'adempimento, ad opera della parte che si avvale dell'eccezione, è una legittima reazione al comportamento del creditore, cui è, in ultima analisi, imputabile l'inadempimento.
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nota3

Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.158.
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto civile, Milano, V, 1997
  • PAGANO, Sul valore del principio "quae temporalia ad agendum, perpetua ad excipiendum", Dir. e giur., 1955

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