E' discussa l'individuazione del soggetto legittimato a partecipare alla divisione quando il coerede, rispettando la procedura in tema di retratto successorio di cui all'
art.732 cod.civ., abbia alienato a terzi la propria quota, introducendo così un estraneo nella comunione ereditaria.
V'è chi ha sostenuto la permanenza della legittimazione a partecipare al negozio o al giudizio divisorio in capo al coerede cedente. Ciò in relazione al fatto che in esito alla cessione della quota si trasmetterebbe
solo la titolarità dei singoli beni ereditari, ma non la qualità di erede. La tesi rinverrebbe una conferma nella considerazione della intrasmissibilità di una serie di situazioni giuridiche proprie dell'erede, quali l'obbligo di pagare i debiti ereditari (
art.752 cod.civ. ), l'obbligo della collazione (
art.737 cod.civ. ), la legittimazione attiva alla petizione di eredità (
art.533 cod.civ. ), la successione nel possesso del de cuius (
art.1146 cod.civ. ). Secondo questa opinione alla divisione ereditaria dovrebbero partecipare necessariamente tanto il cedente, in quanto rimasto coerede, quanto il cessionario, divenuto contitolare dei beni ereditari
nota1.
Si può in senso contrario rilevare che, ai fini divisori, l'unico interesse rilevante è quello che riguarda la contitolarità del patrimonio da dividere e non quello inerente all'astratta titolarità della qualità di erede. Sembra dunque condivisibile la prevalente interpretazione
nota2 secondo cui l'unico soggetto che deve necessariamente prendere parte alla divisione è il cessionario della quota, in quanto unico portatore dell'interesse alla corretta distribuzione del patrimonio tra i contitolari nota3.
Questa conclusione peraltro non esclude che il coerede cedente possa essere chiamato ad intervenire nel procedimento divisorio quando ricorrano specifiche situazioni giuridiche collegate alla propria qualità ereditaria: si pensi all'eventualità in cui occorra procedere alla collazione delle donazioni o alla ripartizione delle passività ereditarie.
Note
nota1
Cicu, Successioni per causa di morte. Parte generale, in Tratt. dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, vol. XLII, Milano, 1961, p.419 e Fedele, La comunione, Milano, 1967, p.292.
top1nota2
Burdese, La divisione ereditaria, in Tratt.dir.civ.it., diretto da Vassalli, Torino, 1980, p.89; Alvino, La presenza del cessionario quale litisconsorte necessario nel giudizio di divisione ereditaria, in Giust.civ., 1974, p.530; Palazzo, Le successioni, t.1, in Tratt.dir. priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 2000, p.977.
top2nota3
Con il negozio di cessione della quota è evidente che il cedente cessa di far parte della comunione, come dimostra la disciplina normativa del retratto successorio, posta a tutela degli altri coeredi. Costoro infatti possono impedire che terzi estranei entrino nella comunione ereditaria, esercitando il diritto di riscatto non certo verso il coerede alienante (che si è, per effetto della cessione, già spogliato della titolarità della quota), bensì nei confronti del terzo acquirente e dei successivi aventi causa (cfr. Capozzi, Successioni e donazioni, t.2, Milano, 2002, p.687).
top3Bibliografia
- ALVINO, La presenza del cessionario quale litisconsorte necessario nel giudizio di divisione ereditaria, Giust. civ., t. I, 1974
- BURDESE, La divisione ereditaria, Torino, vol. XX, 1980
- FEDELE, La comunione, Milano, Tratt.dir.civ. Grosso e Passarelli, 1967
- PALAZZO, Le successioni, Milano, Tratt.dir.priv. cura Iudica e Zatti , II, 2000