Il passaggio del rischio (perpetuatio obligationis)



Regola generale in tema di obbligazioni di specie o anche di genere limitato (ma non generiche: genus numquam perit) è che l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore estingue l'obbligazione senza che si faccia luogo al risarcimento di alcun danno (res perit creditori: art. 1256 cod.civ.)nota1.

Tuttavia, quando il debitore è in mora, il rischio del caso fortuito, della forza maggiore grava su di lui e non già, come d'ordinario, sulla parte attiva del rapporto obbligatorio (art. 1221 cod.civ.). Dunque, se la prestazione diviene impossibile per causa non imputabile al debitore moroso, l'obbligazione non si estingue e costui non soltanto non è liberato dal vincolo, ma è tenuto al risarcimento del danno come se fosse lui responsabile dell'impossibilità sopravvenuta della prestazionenota2 .

E' evidente la spiegazione della regola posta dall'art. 1221 cod.civ.: qualora il debitore avesse fatto regolarmente fronte alla propria obbligazione adempiendovi senza ritardo, l'evento causante la sopravvenuta impossibilità non avrebbe sortito efficacia alcunanota3 . Se, ad esempio, Tizio doveva consegnare presso il domicilio di Caio una cosa determinata che si trovava nel suo magazzino il giorno 10 del mese di gennaio ed il 15 gennaio la cosa va distrutta in un incendio, Tizio risponde dei danni indipendentemente dal fatto che non abbia alcuna responsabilità in ordine all'accadimento dannoso. E' chiaro tuttavia che, qualora egli avesse consegnato il bene al creditore entro la data stabilita, l'incendio non avrebbe potuto distruggere la cosa ormai consegnata.

Dunque il principio della c.d. perpetuatio obligationis (vale a dire del mantenimento dell'obbligazione la quale non ha più ad oggetto la prestazione, bensì il suo equivalente risarcitorio) importa il mantenimento della responsabilità risarcitoria in capo al debitore in virtù della colposità del ritardo e della situazione qualificata di esso in cui si compendia la moranota4 . Si tratta, a ben vedere, di una specificazione o esplicitazione della dinamica del nesso di causalità. Si è detto in precedenza che il debitore risponde anche se non è responsabile dell'accadimento. Più propriamente, si può dire che il debitore è responsabile dell'accadimento non in quanto ha prodotto l'evento lesivo, ma perché non si è comportato in modo tale da non evitare che l'evento lesivo venisse ad incidere sulla res , ciò che invece sarebbe stato tenuto a fare. Si può cioè formulare un giudizio di rimproverabilità a carico del soggetto passivo dell'obbligazione per non aver tenuto la condotta doverosanota5 .

A riprova di ciò l'art. 1221 cod.civ. prevede una situazione nella quale il debitore, nonostante la mora e la sopravvenuta impossibilità della prestazione, può comunque andare esente da responsabilità. A questo proposito egli deve provare che l'oggetto, benché prestato a tempo debito, sarebbe ugualmente perito anche presso il creditorenota6 .

Questa ulteriore regola, del tutto coerente con la ricostruzione del fenomeno come riconducibile al tema del nesso causale, pone un problema di prova. Evidentemente la positiva individuazione della causa e del fatto che, in ogni caso, essa avrebbe inciso sulla prestazione rendendola impossibile anche qualora l'adempimento fosse stato effettuato nei termini previsti (cosa assai difficile), non può che incombere sul debitore in mora.

Si pensi al caso sopra menzionato di Tizio che doveva consegnare a Caio una cosa determinata il giorno 10 di gennaio e che non adempie nel termine stabilito. Se il giorno 15 successivo un violento terremoto distrugge sia il magazzino di proprietà di Tizio sia quello di Caio, presso il quale sarebbe dovuta avvenire la consegna, viene consentito a Tizio di dare la prova che, nonostante la tempestiva consegna, il bene sarebbe egualmente andato distrutto.

Questa agevolazione, fondata su una prova peraltro non semplice da fornire, non spetta comunque a colui che abbia illecitamente sottratta la cosa (II°comma art. 1221 cod.civ.) che in seguito sia andata distrutta o smarrita. In ogni caso colui che ha posto in essere l'illecito deve restituire il valore della cosa (qui in re illicita versatur tenetur etiam pro casu: il ladro deve pertanto sempre e comunque restituire il valore delle cose sottratte)nota7 .

Note

nota1

Visintini, L'inadempimento delle obbligazioni, in Trattato di dir.priv., dir. da Rescigno, vol.IX, Torino, 1984, p.192.
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nota2

Si tratta dell'effetto riconosciuto come tipico da parte della dottrina: cfr. per tutti Magazzù, voce Mora del debitore, in Enc.dir., vol.VII, 1976, p.944.
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nota3

Magazzù, cit., p.945.
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nota4

Natoli e Bigliazzi Geri, Mora accipiendi e mora debendi, Milano, 1975, p.268.
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nota5

Bianca, Diritto civile, vol.V, Milano, 1994, p.105.
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nota6

Analogamente Bianca, cit., p.106, mentre secondo un'opinione (Breccia, Le obbligazioni, in Trattato di dir.priv., a cura di Iudica e Zatti, Milano, 1991, p.600; Visintini, cit., p.193) si tratterebbe di una disposizione derogatoria rispetto alla regola generale espressa dal principio res perit creditori.
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nota7

Si tratta di una disposizione di cui viene unanimente riconosciuto il carattere eccezionale: cfr. Bianca, cit., p.106, Natoli-Bigliazzi Geri, cit., p.274; Visintini, cit., p.459.
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto civile, Milano, V, 1994
  • MAGAZZU', Mora del debitore, Enc.dir., XXVI, 1976
  • NATOLI E BIGLIAZZI GERI, Mora accipiendi e mora debendi, Milano, 1975
  • VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, Milano, Comm.cod.civ. dir. da Slesinger, 1987

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