L'atto negoziale si può definire
esistente quando tutti gli elementi che ne qualificano la struttura possono dirsi posti in essere nella forma richiesta dalla legge
nota1.
Dall'
esistenza, nozione che vale semplicemente ad individuare puntuativamente il momento del perfezionamento della fattispecie negoziale, devono essere tenute distinte le nozioni di
validità e di
efficacia.
La validità ha a che fare con la conformità dell'atto alle regole legali (sia di carattere generale, sia specificamente dettate per il tipo di atto) che lo disciplinano
nota2.
L'efficacia attiene invece all'attitudine dell'atto a sortire gli effetti di cui è capace.
I due concetti devono essere tenuti ben distinti l'uno dall'altro
nota3. L'atto valido è, per lo più, anche efficace. L'inefficacia di un atto valido è, come si dirà, la conseguenza dell'apposizione di una condizione sospensiva o di un termine iniziale. Inversamente, non è detto che un atto invalido sia anche inefficace: inefficace è l'atto nullo (
quod nullum est nullum producit effectum ), ma non quello annullabile.
La semplice annullabilità, vizio meno grave comunque riconducibile al concetto di invalidità, è infatti compatibile con la produzione di effetti. L'eliminazione retroattiva della forza effettuale dell'atto non può che seguire alla pronunzia di annullamento, la cui efficacia (art.
1442 cod. civ. ) è costitutiva (e non già semplicemente dichiarativa come nel caso della nullità).
Un discorso assai articolato è richiesto allo scopo di riferire dell'inefficacia in senso stretto. Essa può essere la conseguenza della presenza o del difetto di una serie di circostanze (requisiti di efficacia) che possono essere distinti in relazione alla necessità ovvero alla accidentalità della loro presenza
nota4.
Le prime corrispondono a requisiti di origine legale, le seconde a requisiti di matrice volontaria, introdotti dalle parti nell'ambito dell'autonomia negoziale della quale godono
nota5.
Prima di scendere nel dettaglio, esaminando i fattori che variamente condizionano l'efficacia, è il caso di occuparci di una speciale questione: quella cioè della natura giuridica dell'inefficacia delle clausole vessatorie ex artt.
1341 ,
36 del Codice del consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n.
206 , portante abrogazione dell'art.
1469 quinquies cod. civ.
nota6.
Note
nota1
Si veda Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, pp. 242 e ss..
top1nota2
Bianca, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, p. 524.
top2nota3
Così Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1978, p. 765.
top3nota4
In tal senso, tra gli altri, Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p. 922.
top4nota5
Si confronti Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p. 271; Bigliazzi Geri-BrecciaBusnelli-Natoli, cit., p. 814.
top5nota6
Secondo Roppo, Il contratto, in Tratt.dir. priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 2001, p.735, "la c.d. inefficacia delle clausole vessatorie nei contratti dei consumatori è invalidità, e più precisamente nullità". A questa conclusione si perveniva anche nel tempo precedente la riforma operata nel 2005.
top6Bibliografia
- GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
- ROPPO, Il contratto, Milano, Tratt.dir.priv.Iudica Zatti, 2001
- SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002