Azione di rivendicazione: onere della prova



L'attore nel giudizio di rivendicazione ha l'onere di dimostrare il fondamento del proprio diritto nota1. Si tratta di fare regolare applicazione del principio generale in tema di onere della prova (art. 2697 cod.civ.).

Il modo di acquisto del diritto può essere a titolo originario o derivativo. Nel primo caso l'attore ne può dare prova direttamente esplicandone i presupposti (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 28865/2021 in relazione all'ipotesi inversa: nella quale cioè sia il convenuto nel relativo procedimento che abbia ad allegare quale titolo d'acquisto a proprio favore l'intervenuta usucapione). Nella seconda ipotesi (vale a dire di acquisto a titolo derivativo) l'attore ha invece l'onere di dare la prova non soltanto del proprio titolo di acquisto, bensì anche dei titoli di acquisto dei precedenti proprietari, fino a giungere ad un acquisto a titolo originario (Cass. Civ. Sez. II, 11605/97; cfr, tuttavia, Cass. Civ., Sez. II, 17457/2015). Non potrebbe a tal fine reputarsi sufficiente la mera produzione di documentazione avente natura amministrativa (denunzia di successione e altro: cfr. Appello di Roma, 2721/06).

Si parla in proposito, stante l'evidente enorme difficoltà di dover dar conto di una catena di acquisti potenzialmente quasi infinita, di probatio diabolica proprio per alludere ad una prova estremamente difficile.

Soccorrono a tal fine i fenomeni giuridici previsti dal II comma dell'art. 1146 cod.civ. dell' accessio possessionis e della successione nel possesso. In forza di essi è consentito all'acquirente a titolo particolare ed a titolo universale di unire al suo possesso quello del proprio autore allo scopo di goderne gli effetti.

Ai sensi dell'art. 1146 cod.civ. la prova utile ai fini dell'azione in esame può pertanto dirsi raggiunta quando si sia accertata la sussistenza dei requisiti idonei a fondare un acquisto per usucapione. Diviene cioè irrilevante acclarare la continuità di validi titoli di provenienza ulteriori, risalenti nel tempo a periodi anteriori a quelli utili per il compimento o dell'usucapione ventennale ordinaria (artt. 1158 e 1163 cod.civ.) o di quella abbreviata ex art. 1159 cod.civ., sussistendone i rispettivi requisiti (possesso non clandestino o violento, anche se di mala fede nel primo caso, decorso di un decennio continuo e ininterrotto di possesso di buona fede nella seconda ipotesi) poichè, in ogni caso, il diritto di proprietà, pur in eventuale difetto dei titoli precedenti, sarebbe stato acquisito in base ad una modalità originaria.

Il contenuto dell'onere della prova che incombe sull'attore conosce una pratica attenuazione quando il convenuto non contesti i titoli precedenti rispetto a quello in base al quale l'attore pretende avere acquistato il proprio diritto, essendosi limitato ad eccepire un proprio titolo di acquisto successivo (Cass. Civ. Sez. II, 5711/97), oppure quando il convenuto, promuovendo autonomamente azione intesa ad ottenere una pronunzia di usucapione, implicitamente riconosca la pregressa intestazione del bene in capo agli aventi causa dell'attore (Cass. Civ., Sez. II, 15539/2015).

Con riferimento agli immobili, in base a quanto sopra enunziato, basta che l'attore, unendo al tempo per cui è durato il suo possesso quello dei suoi autori mediante gli istituti di cui si è fatto cenno ( art. 1146 cod.civ.), dia conto del possesso continuato per non più di venti anni.

In relazione ai beni mobili è sufficiente evocare il principio possesso vale titolo di cui all'art. 1153 cod.civ., in forza del quale basta che l'attore abbia, a suo tempo, ricevuto il possesso della cosa in buona fede ed in base ad un titolo idoneo al trasferimento della proprietà (art. 1153 cod. civ.).

Occorre chiarire che, in difetto della prova il cui contenuto è stato più sopra descritto, l'attore in rivendica comunque risulterà soccombente. Ciò indipendentemente dal fatto che il convenuto dimostri o meno il diritto posto a fondamento del proprio possesso. E' evidente che la posizione di costui sia estremamente più agevole rispetto a quella dell'attore. Il convenuto dovrà attivarsi sotto il profilo probatorio offrendo la prova del proprio diritto soltanto nel caso in cui l'attore avesse fornito gli elementi in discorso. In altri termini alla prova dell'attore, fondata su legittimo acquisto, il convenuto ha la possibilità di opporre, in via riconvenzionale, ulteriori elementi di segno contrario, quali ad esempio il compimento a proprio favore dell'usucapione, dando conto dei relativi elementi costitutivi (Cass. Civ. Sez. II, 8246/97 ) nota2.

Note

nota1

L'attore può utilizzare, allo scopo di provare il fondamento del proprio diritto, tutti i mezzi ammessi dalla legge, anche indiretti, con particolare riferimento alle presunzioni (purché queste siano gravi, precise e concordanti).

La dottrina, nel sottolineare la difficoltà dell'onere della prova imposto all'attore, difficoltà che peraltro nella prassi subisce una certa attenuazione, è concorde nel ritenere che colui che agisce debba necessariamente dimostrare di essere il legittimo proprietario, non essendo sufficiente comprovare che il titolo di proprietà del convenuto sia inidoneo o inesistente. Si veda p.es. Tabet, Rivendicazione (azione di), in N. Dig. it., p.224.
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nota2

E' indiscutibile che il convenuto possa limitarsi a porre la tradizionale asserzione possideo quia possideo, cioè adduca a propria difesa la situazione possessoria di fatto, in sé e per sé considerata. Ciò è sufficiente a fondare lo stato di fatto fino a quando l'attore non sia riuscito a dimostrare il proprio diritto.Secondo un'opinione (in questi termini Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.507) se la domanda giudiziale viene respinta senza che, peraltro, il convenuto abbia opposto in via riconvenzionale il fatto di aver usucapito il bene, la relativa domanda non potrebbe più essere proposta in un successivo giudizio, in forza del principio per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile. Se tuttavia è vero che colui che si afferma proprietario del bene può riproporre la domanda di rivendicazione adducendo nuove prove (poichè, come spiega il Gazzoni, "in seguito al rigetto della domanda non si è creato alcun giudicato perché non è stata materia del contendere l'accertamento della legittimità del possesso, ma solo quella dell'esistenza del diritto"), a maggior ragione dovrebbe esser possibile instaurare un nuovo giudizio nel quale sia introdotta la domanda di accertamento dell'intervenuta usucapione a favore del possessore del bene; cfr. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p. 235; Salaris, Le azioni a difesa della proprietà, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, p.682.
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Bibliografia

  • TABET, Rivendicazione (azione di), N. Dig. it., XVI, 1969

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