Atti ricognitivi e diritti reali



Assai discussa è l'efficacia degli atti ricognitivi aventi ad oggetto il diritto di proprietà e gli altri diritti reali (Cass.Civ.Sez. II, 301/96; Cass.Civ.Sez. II, 9358/87).

In particolare il quesito essenziale è il seguente : è immaginabile una dichiarazione avente la medesima struttura della ricognizione di debito ambientata nell'ambito dei diritti reali oppure l'astrazione processuale è un fenomeno puramente limitato all'ambito del rapporto obbligatorio?

Si badi che al diverso ambito (rapporti obbligatori da un lato, diritti reali dall'altro) corrisponde non soltanto un differente apprezzamento della latitudine di intervento della autonomia negoziale, ma anche un diverso peso degli oneri formali degli atti negoziali (libertà delle forme/vincolatezza consistente nello scritto ex art. 1350 cod.civ. ) (Cass.Civ.Sez. II, 9480/91 ; Cass.Civ.Sez. II, 8527/96 ).

L'ammissibilità di negozi aventi funzione di accertamento relativamente all'ambito in esame è generalmente ammessa in dottrina nota1 , mentre per lo più la giurisprudenza ne limita l'ambito a quello di un elemento probatorio non pieno (Cass.Civ.Sez. II, 2088/92 ; Cass.Civ.Sez. II, 4353/98 ). Si pensi al caso di Tizio e di Caio che, proprietari di fondi confinanti dagli incerti termini, desiderino porre fine alla situazione di incertezza determinando consensualmente e del tutto concordemente la linea che divide le rispettive proprietà (Cass.Civ.Sez. II, 13212/91 ). Si ipotizzi ancora che Mevio e Filano, discutendo dell'incerta configurazione di un diritto di passaggio, desiderino porre termine al dubbio stabilendo definitivamente l'esistenza e la consistenza di detto diritto di servitù. A questo riguardo in giurisprudenza si è deciso che non sia possibile configurare, sulla falsariga della ricognizione di debito, un atto unilaterale ricognitivo dell'esistenza di una servitù, il quale pertanto non sarebbe dotato né di efficacia costitutiva del diritto né degli effetti di inversione dell'onere probatorio propri dell'art.1988 cod.civ. (Cass. Civ., Sez. II, 10238/13; Cass.Civ.Sez. II, 8660/90).

I problemi che si pongono a proposito di siffatte pattuizioni sono molteplici. Il principale tra questi è l'effetto che ne scaturisce, questione che trae la propria origine dalla dibattuta natura giuridica del negozio di accertamento in genere. Scartate le opposte teoriche, secondo le quali da un lato si produrrebbero effetti meramente dichiarativi, dall'altra costitutivi (vale a dire traslativi rispetto ai diritti accertati), la dottrina ha per così dire ritagliato ad hoc la descrizione degli effetti come preclusivi nota2.

La questione della natura giuridica degli effetti del negozio di accertamento non è fine a sé stessa, essendo funzionale alla risposta circa il quesito della forma di esso quando abbia ad oggetto diritti afferenti a beni immobili vigendo in materia, come è noto, il principio generale in forza del quale (art. 1350 cod.civ.) qualsiasi atto produttivo di effetti costitutivi, modificativi ed estintivi di diritti reali debba essere effettuato per iscritto a pena di nullità.

Ecco allora che riferire di un effetto sui generis qualificato dalla natura preclusiva (consistente nell'impossibilità di ridiscutere la questione) come distinto rispetto all'efficacia traslativa scolpita dall'art. 1350 cod.civ. significherebbe porre le premesse per sostenere la non indispensabilità dello scritto (indispensabilità che in giurisprudenza viene invece ribadita, anche sotto il profilo della necessità che la forma sia riferita all'elemento causale della negoziazione: cfr. Cass. Civ. Sez.II, 20198/04 ). Questa conclusione potrebbe essere corroborata da un lato rammentando la vigenza di un più generale principio di assenza di formalismo in difetto di espresse disposizioni che lo richiedano, dall'altro con il riferimento alla forma richiesta per il contratto di transazione.

Quest'ultima si differenzia dal negozio di accertamento per la (talvolta) capillare distinzione tra res litigiosa (propria della transazione) e res dubia (propria dell 'atto negoziale in discorso). Ebbene: in materia di transazione, prescindendo dal richiamo alla necessità della forma scritta ad substantiam quand'essa abbia ad oggetto diritti reali immobiliari, il formalismo dello scritto è disposto ad probationem tantum (art. 1967 cod.civ.) nota3.

Non sembra dunque sufficiente, allo scopo di giustificare la necessità per l'accertamento negoziale in tema di diritti reali immobiliari della forma scritta ad substantiam, fare un generico riferimento all'esigenza di certezza che essi pongono: ciò significa soltanto enunciare tautologicamente l'elemento causale, senza tuttavia risolvere il problema.

Il tema ha conosciuto un revival in riferimento alla normativa della conciliazione obbligatoria introdotta con il D.Lgs. n.28 del 2010 (successivamente modificato per effetto del D.L. 21 giugno 2013 n.69) che si applica anche alle controversie relative all'usucapione di enti immobiliari. Il Tribunale di Roma ha infatti deciso che il relativo verbale di conciliazione (per il cui tramite una parte abbia riconosciuto l'acquisto per intervenuta usucapione di un immobile in favore dell'altra parte) non è trascrivibile (Tribunale di Roma, 22 luglio 2011). Ciò in quanto esso si sostanzia in un negozio di accertamento che, come tale, non sortisce alcuna efficacia costitutiva, modificativa, estintiva relativamente a diritti reali immobiliari, efficacia che risulterebbe indispensabile ai fini dell'effettuazione della formalità pubblicitaria ai sensi dell'art.11 del D. Lgs. 28/2010. Questa impostazione non può invero essere accolta. Essa si sostanzierebbe nella constatazione dell'assoluta inutilità del procedimento di mediazione ogniqualvolta la lite vertesse sull'accertamento dell'acquisto per usucapione. Assai più meditatamente e condivisibilmente il Tribunale di Como ha avuto modo di rilevare come effettivamente la definizione della controversia de qua nell'ambito del procedimento di mediazione possa essere qualificata come avente natura transattiva (Tribunale di Como, 2 febbraio 2012). Per tale via l'esecuzione della formalità pubblicitaria appare pienamente garantita. Questa problematica è da reputarsi superata per effetto dell'esplicita introduzione (al n.12 bis) della possibilità di dar corso alla trascrizione in esito alla novellazione dell'art. 2643 per effetto del c.d. "decreto del fare" (D.L. 69/2013).

Note

nota1

Così Graziani, Le promesse unilaterali, in Tratt.dir. priv., diretto da Rescigno, vol.IX, Torino, 1984, p. 676 e Granelli, La dichiarazione ricognitiva di diritti reali, Milano, 1983, p. 270, anche se quest'ultimo autore concepisce alcune limitazioni, escludendo quei diritti reali che non possono trovare origine se non in un atto negoziale a forma vincolata, cioè le servitù volontarie non apparenti e il diritto di superficie.
top1

nota2

Parla di effetti preclusivi Falzea, voce Accertamento in Enc.dir., vol.I, Milano, 1958, p. 214.
top2

nota3

Palazzo, La transazione, in Tratt.dir. priv, diretto da Rescigno, vol. XIII, Torino, 1984, p. 314.
top3

Bibliografia

  • FALZEA, Accertamento, Milano, Enc. dir., I, 1958
  • GRANELLI, La dichiarazione ricognitiva di diritti reali, Milano, 1983
  • GRAZIANI, Le promesse unilaterali, Torino, Tratt.dir.priv., IX, 1984
  • PALAZZO, La transazione, Torino, Trattato Rescigno, 13, 1984

Prassi collegate

  • Studio n. 4-2017/C, Ancora in tema di trascrivibilità del negozio di accertamento

News collegate

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Atti ricognitivi e diritti reali"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti