Atti di disposizione del singolo partecipe sull'intero bene comune



Che cosa dire degli atti di disposizione del singolo contitolare sull'intero bene comune? Si badi che il problema non riguarda soltanto il caso limite del contitolare che aliena il bene oggetto della comunione, bensì anche l'ipotesi più frequente in cui venga costituito un diritto minore sul bene medesimo. Ad esempio Tizio, proprietario per la quota di un decimo del fondo Tuscolano lo affitta all'imprenditore agricolo Sempronio ovvero costituisce a favore del titolare del fondo confinante una servitù di passaggio pedonale e carraio.
A questo proposito occorre effettuare distinzioni ben precise: innanzitutto se, con riferimento ad una vendita che programmaticamente doveva vedere la partecipazione di tutti i contitolari quali alienanti, si presenta soltanto parte di essi (si pensi ad un atto di alienazione di un immobile per scrittura privata in relazione al quale gli alienanti si presentino uno alla volta di fronte al notaio che ne autentica le sottoscrizioni) rimanendo anche uno soltanto dei partecipi alla comunione estraneo alla stipulazione, con tutta evidenza questa non si può dire perfezionata. Rimane soltanto il dubbio se l'acquirente abbia per intanto acquisito quanto meno le singole quote: la questione si dirime in base alla verifica della presenza o meno dell'intento dei contraenti di subordinare il proprio consenso alla cessione della propria quota al perfezionamento dell'intera operazione (Cass. Civ. Sez. II, 9749/91 ). In giurisprudenza si parla anche di inefficacia relativa della vendita nota1, nel senso che coloro i quali abbiano espresso il proprio consenso all'alienazione non possano, salvo espressa clausola in tale senso, contestare l'atto sotto il profilo della mancata partecipazione di taluno dei comunisti (Cass. Civ. Sez. II, 5047/86 ).
Svolte queste precisazioni, si pone il problema del singolo partecipe alla comunione che abbia venduto l'intero bene comune.
Il principio generale è che ogni partecipante possa disporre liberamente soltanto della propria quota alienandola o ipotecandola (art. 1103 cod.civ. ). L'eventuale convenzione che avesse ad oggetto l'intero bene potrebbe al più essere considerata come alienazione sottoposta alla condizione sospensiva il cui evento consiste nell'attribuzione del bene al disponente in sede divisionale (Cass. Civ. Sez. II, 4105/81 ) nota2.
Il problema si evidenzia in due casi distinti: quello in cui il singolo partecipe abbia venduto al terzo il bene sottacendo all'acquirente la soltanto parziale propria disponibilità ovvero quello in cui lo abbia avvisato di non poterne disporre integralmente. La prima ipotesi corrisponde a quella di cui all'art. 1480 cod.civ. : la vendita di cosa parzialmente altrui rende legittima per il compratore la richiesta di risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno ogniqualvolta (e sarà il caso ordinario) si debba ritenere che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti egli può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno nota3 (Cass. Civ. Sez. II, 2892/96 ; Cass. Civ. Sez. II, 2575/83 ; Cass. Civ. Sez. III, 6355/81 ).
Diversamente le cose andrebbero qualora l'accordo tra alienante ed acquirente fosse nel senso che il primo venda al secondo l'intero bene come parzialmente altrui. In questa eventualità il venditore deve ritenersi obbligato nei confronti dell'altra parte ad ottenere il consenso degli altri compartecipi in ordine all'alienazione delle rispettive quote. In questa direzione l'art. 1108 cod.civ. , ai sensi del quale occorre il consenso unanime per disporre dell'intero bene, non elimina la possibilità del perfezionamento anche soltanto da uno dei contitolari di una vendita (destinata a rimanere almeno parzialmente inefficace) dell'intero bene come bene parzialmente altrui effettuata ai sensi dell'art. 1480 cod.civ. (Cass. Civ. Sez. II, 5386/84 ). Gli effetti di una siffatta convenzione possono essere ritenuti traslativi soltanto per la quota del singolo partecipe, obbligatori per quanto attiene al trasferimento delle quote di coloro che non prendono parte all'atto (Cass. Civ. Sez. I, 4405/83 ) nota4.
Per quanto attiene alla costituzione di un diritto reale parziario (quale ad esempio la servitù) esso non s'intende costituito se non col consenso di tutti i compro­prietari del fondo servente nota5 , unitamente o separatamente manifestato (art. 1059, II comma e art. 1108, III comma , cod.civ.) (Cass. Civ. Sez. II, 3083/94 ; Cass. Civ. Sez. II, 3479/78 ).
Il comunista che avesse comunque manifestato isolatamente il consenso alla costituzione del diritto sarebbe comunque tenuto, per sè, per gli eredi o aventi causa, a non impedire l'esercizio del potere corrispondente a quello della servitù (art. 1059, II comma , cod.civ.), pur non potendosi ritenere ancora costituito il diritto reale, in difetto del consenso di tutti gli altri contitolari.
Inversamente, al fine di procedere all'acquisizione di un diritto di servitù, i contitolari di quello che sarebbe destinato a divenire fondo dominante dovranno deliberare l'acquisto con la maggioranza qualificata indicata dall'art. 1108 cod.civ. .
L'ipotesi che fin qui si è considerata è quella dell'atto di disposizione del bene comune da parte di uno soltanto degli aventi diritto. Il problema in esame possiede tuttavia anche una valenza processuale, indipendentemente dal fatto che il negozio dispositivo sia stato perfezionato da tutti i contitolari della cosa comune. Cosa dire della condotta in giudizio del singolo contitolare della proprietà di un bene promesso in vendita che, convenuto in giudizio insieme agli altri comproprietari dal promissario acquirente ex art. 2932 cod.civ. introduca in via riconvenzionale domanda di risoluzione per inadempimento di quest'ultimo relativamente agli obblighi scaturenti dal preliminare? Al riguardo è stata negata la relativa legittimazione attiva nell'ipotesi in cui, risultando una contraria volontà degli altri comunisti, facesse altresì difetto una composizione di tale ulteriore conflitto ai sensi dell'art. 1105 cod.civ. (Cass. Civ. Sez. II, 171/02 ).

Note

nota1

Cfr. Rubino, La compravendita, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1971, p.382.
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nota2

V. Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1979, p.311.
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nota3

Così Matteo, in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, Torino, 1999, p.905.
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nota4

Cfr. Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, p.468.
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nota5

Lener, La comunione, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, p.281.
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
  • LENER, La comunione, Torino, Tratt.dir.priv dir. da Rescigno, vol. 8, t. II, 1982
  • MATTEO, Torino, Comm.cod.civ. dir. da Cendon, 1999

Prassi collegate

  • Quesito n. 635-2008/C, Atto d'obbligo e servitù

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