47 - Attribuzione agli amministratori della competenza a deliberare modificazioni statutarie


Massima

19 novembre 2004

La clausola statutaria che - ai sensi dell'art. 2365, comma 2° cod. civ. - attribuisce alla competenza dell'organo amministrativo (o del consiglio di sorveglianza o del comitato di gestione) le deliberazioni ivi elencate, di normale spettanza dell'assemblea straordinaria, non determina la legittimazione esclusiva degli amministratori, salvo che lo statuto espressamente così disponga.
Pertanto, pur in mancanza di precisazioni intese a confermare la permanenza del relativo potere anche in capo all'assemblea straordinaria, quest'ultima potrà legittimamente deliberare sulle stesse materie.

Motivazione

Il legislatore della riforma ha introdotto, all'articolo 2365, comma 2° cod. civ., la previsione secondo cui "lo statuto può attribuire alla competenza dell'organo amministrativo o del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione" le deliberazioni inerenti un ampio spettro di materie, "normalmente" di competenza dell'assemblea straordinaria.
Lo statuto - in aderenza ai confermati ed ampliati principi che danno rilievo alla autonomia statutaria - può certamente precisare se l'attribuzione ai sensi dell'articolo 2365, comma 2° cod. civ. preclude o meno la persistenza della competenza deliberativa, sulle stesse materie, dell'assemblea.
Mancando una chiara indicazione statutaria, potrebbe dubitarsi della permanenza di una concorrente competenza assembleare sulla base di argomenti di natura letterale; in particolare dall'uso, nell'articolo in esame, dei termini attribuzione di "competenza", in luogo di "facoltà", dizione quest'ultima utilizzata nel caso di delega agli amministratori per l'aumento di capitale (articolo 2443 cod. civ.) o per l'emissione di obbligazioni convertibili (art. 2420 cod. civ.); ipotesi nelle quali, come noto, il dubbio circa la sussistenza di una concorrenza di competenze non si pone affatto.
Potrebbe ulteriormente deporre a favore di una legittimazione esclusiva degli amministratori l'osservazione secondo cui il permanere della competenza assembleare rischierebbe di produrre insorgenza di potenziali conflitti tra organo amministrativo e assemblea, con possibilità di deliberazioni contrastanti e contraddittorie.
Riguardo alla prima argomentazione, si può osservare come tale interpretazione letterale della nuova norma non solo non è risolutiva, ma rischia anche di stravolgere la ratio stessa dell'articolo 2365, comma 2° cod. civ. il cui fine è, come precisa la Relazione al testo della Riforma, quello di rendere più agevole il funzionamento della società. In altre parole, la disposizione normativa in esame non sembra tanto una norma di corporate governance (che prevede, cioè, una diversa ripartizione del potere endosocietario), quanto piuttosto una norma finalizzata a consentire una non obbligatoria semplificazione procedurale.
Non sembrerebbe preoccupare eccessivamente neppure la seconda argomentazione, secondo cui l'impostazione interpretativa della competenza assembleare concorrente potrebbe determinare un conflitto tra l'assemblea e gli amministratori. Sembra infatti congruo ricordare che la convocazione dell'assemblea è, per la quasi totalità dei casi, determinata dalla conforme deliberazione degli amministratori; e ciò sembra adeguatamente coniugarsi con l'interpretazione di una residua competenza assembleare sulle materie de qua, competenza che verrà stimolata (proprio) dall'organo amministrativo in tutti i casi in cui questo ne ravviserà l'opportunità: per esempio, in relazione al particolare peso di una concreta decisione astrattamente ricomprendibile nella delega, oppure allorché sia già necessaria la riunione dell'assemblea straordinaria per deliberare su un tema non delegato (si pensi alla modifica dell'oggetto sociale), e contestualmente si determini l'esigenza di trasferire la sede in altro comune; così operando, infatti, gli amministratori eviteranno di ricorrere alla redazione di due distinte verbalizzazioni (una consiliare, l'altra assembleare) in forma solenne, entrambe da assoggettare al controllo di legittimità di cui all'articolo 2436 cod. civ..
Del resto, non mancano ipotesi in cui lo stesso legislatore ha previsto competenze concorrenti, come nel caso dell'azione di responsabilità contro i consiglieri di gestione nel sistema dualistico, il cui esercizio spetta sia all'assemblea che al consiglio di sorveglianza (articolo 2409-decies, commi 1° e 2° cod. civ.). Da queste fattispecie si può dedurre, oltre alla non rilevanza del paventato pericolo di conflitto endosocietario, anche la mancanza di un ostacolo di sistema o di principio all'esistenza di competenze concorrenti.
A far propendere per la tesi della "competenza concorrente" concorrono ulteriori considerazioni, anche di natura pragmatica, attente alle possibili conseguenze applicative.
Si pensi alla previsione statutaria che, sulla base dell'articolo 2365, comma 2° cod. civ. attribuisca agli amministratori la competenza sugli "adeguamenti dello statuto a disposizioni normative". L'articolo 2365, comma 2° cod. civ. non distingue tra disposizioni normative inderogabili e derogabili, apparentemente consentendo, così, che sia attribuito agli amministratori un potere discrezionale non indifferente. E' in realtà difficile concepire un così ampio spazio discrezionale degli amministratori, avendo presenti le attuali problematiche intese a tracciare la "mappa applicativa" delle maggioranze assembleari "semplificate" di cui all'articolo 223-bis disp. att. cod. civ., ed è quindi certamente preferibile ritenere che residui in capo all'assemblea il potere di adottare, comunque, deliberazioni su questa materia, naturalmente più probabili allorché si tratterà di adeguamento a norme non inderogabili.
Milita a favore della concorrente competenza assembleare anche la previsione dello stesso articolo 2365, comma 2° cod. civ., in materia di attribuzione della legittimazione a deliberare le fusioni di società interamente possedute o possedute almeno al 90 %, di cui agli articoli 2505 e 2505-bis cod. civ.. La stessa legge, infatti, prevede addirittura la doverosità della delibera assembleare qualora ne faccia richiesta almeno il 5 % del capitale sociale.
L'impostazione del mantenimento della concorrenza assembleare meglio si accorda, infine, con il principio di economia degli atti giuridici. L'ipotesi di una competenza esclusiva in capo agli amministratori obbligherebbe, nel caso di volesse fare luogo alla delibera assembleare su materie delegate, alla convocazione di una prima assemblea, per deliberare esclusivamente la revoca dei poteri attribuiti all'organo amministrativo. Solo dopo l'efficacia di questa delibera (mediante iscrizione al registro imprese, ai sensi dell'articolo 2436 cod. civ.), l'assemblea, riacquistata la competenza, potrebbe finalmente deliberare sulle materie già delegate all'organo amministrativo; resta in altri termini evidente che è sempre possibile raggiungere il risultato dell'intervento assembleare sulle materie già delegate; solo che - negando una competenza concorrente dell'assemblea - il risultato sarebbe ottenibile a mezzo di un procedimento lungo e non giustificato.

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