Rapporto tra azione di divisione ereditaria e azione di riduzione. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 9192 del 10 aprile 2017)

L'azione di divisione ereditaria e quella di riduzione sono fra loro sostanzialmente diverse, perché la prima presuppone l'esistenza di una comunione tra gli aventi diritto all'eredità che, invece, non sussiste nella seconda, ove il de cuius ha esaurito il suo patrimonio in favore di alcuni di tali aventi diritto, con esclusione degli altri, mediante atti di donazione o disposizioni testamentarie. Ne consegue che la domanda di riduzione, pur potendo essere proposta in via subordinata rispetto a quella di divisione, la quale ha, rispetto alla prima, carattere pregiudiziale, non è implicitamente inclusa in quest'ultima sicché, se presentata per la prima volta nel corso del giudizio di scioglimento della comunione, va considerata come domanda nuova, stante la diversità di petitum e causa petendi.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia mette a fuoco il differente petitum e la diversa causa petendi delle azioni di riduzione e di divisione ereditaria. La seconda infatti è da reputarsi logicamente subordinata alla prima. In tanto il legittimario pretermesso può instare per la divisione dei beni ereditari, in quanto in precedenza abbia recuperato la qualità ereditaria che gli compete. Va da se che, nell'ipotesi di semplice lesione e non già di pretermissione integrale, il concetto si fa maggiormente sfumato. Quid juris infatti nel caso in cui l'erede soltanto leso, comunque partecipe della comunione ereditaria, insti per la divisione facendo valere la (maggior) porzione a lui spettante in forza della normativa cogente in materia?

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