Fallimento e interruzione del possesso ai fini dell'usucapione. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 28880 del 18 ottobre 2023)

È proponibile la domanda di acquisto della proprietà immobiliare per usucapione nei confronti della curatela fallimentare, atteso il carattere di acquisto a titolo originario che, con essa, si intende far verificare, ed a ciò non risultando di ostacolo gli articoli 42 e 45 della legge fallimentare. La prima delle due disposizioni, infatti, limitandosi a porre il vincolo di indisponibilità sui beni del fallito – con equiparazione del fallimento al pignoramento – non può essere riferita a «fatti» acquisitivi di diritti reali tipici (che si assumono) già compiuti e produttivi di effetti in capo al fallito. La seconda, a sua volta, avendo riguardo espressamente – in applicazione della stessa regola posta, per l’esecuzione individuale, dall’articolo 2914 cod.civ. – alle condizioni di opponibilità, al fallimento, di «atti», si rivela del tutto estranea all’ipotesi in esame, non essendo configurabile, a carico di chi agisca per conseguire l’accertamento dell’usucapione, alcun onere di pubblicità, posto che l’articolo 2651 c.c. si limita a disporre al riguardo una forma di «trascrizione» (della sentenza e non anche della domanda) la quale è priva di effetti sostanziali e limitata a rendere più efficiente il sistema pubblicitario.

Commento

(di Daniele Minussi)
L'usucapione introduce una modalità acquisitiva del diritto a titolo originario. Per tale motivo gli artt. 42 e 45 l.f. non risultano ostativi alla proposizione della relativa azione avverso la curatela del fallimento. Non si tratta infatti di non poter opporre al fallimento atti giuridici da parte di terzi, ma di accertare l'esistenza di fatti dai quali scaturiscono conseguenze previste dalla legge.

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