Decreto Presidente Repubblica del 1988 numero 574 art. 15


Fuori dell'ipotesi prevista dall'art. 14, l'autorità giudiziaria, che deve procedere alla formulazione di un atto processuale da comunicare o da notificare all'indiziato o all'imputato, usa la lingua presunta di quest'ultimo, individuata in base alla notoria appartenenza ad un gruppo linguistico e ad altri elementi già acquisiti al processo.
L'imputato o l'indiziato, entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione del primo atto processuale, può contestare la lingua usata a norma del comma 1 da parte dell'organo giudiziario, con dichiarazione resa personalmente ovvero fatta pervenire all'organo giudiziario procedente.
L'autorità giudiziaria, constatata l'eccezione e accertatane la regolarità, dispone che gli atti posti in essere fino a quel momento siano tradotti e che gli atti successivi siano formati nella lingua dichiarata come materna dall'imputato o indiziato.
L'audizione dei testi è svolta nella lingua materna italiana o tedesca ed è immediatamente tradotta e verbalizzata nella lingua del processo.
Gli interventi orali diretti alla risoluzione di questioni pregiudiziali o all'illustrazione delle difese indirizzati al giudice, svolti dai difensori di fiducia di madrelingua diversa dalla lingua del processo, possono essere svolti nella lingua italiana o tedesca e sono verbalizzati nella lingua del processo.
La presenza in giudizio del querelante, del responsabile civile o della persona civilmente obbligata per l'ammenda, appartenente a gruppo linguistico diverso da quello dell'imputato, non ha effetto sull'uso della lingua nel processo. Essi vengono sentiti nella loro lingua, con verbalizzazione nella lingua del processo.
Gli atti processuali posti in essere in violazione delle disposizioni di cui al comma 3 sono nulli ai sensi del capoverso dell'art. 185 del codice di procedura penale.

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