La servitù prediale consiste in
un peso imposto sopra un fondo (denominato per tale motivo fondo servente) per accrescere l'utilità di un altro fondo (detto fondo dominante). Fondo dominante e fondo servente debbono appartenere a proprietari diversi (art.
1027 cod.civ. ).
V'è in dottrina
nota1 chi ha rilevato che la definizione della servitù che si fonda sul mero tenore letterale dell'art.
1027 cod.civ., il quale appunto fa menzione del contenuto di essa come "peso", non vale a dare idea del diritto in esame, essendo incentrato sull'aspetto passivo del diritto.
La "servitù" dovrebbe piuttosto esser definita, sotto il profilo del contenuto attivo che assicura, come il diritto reale, in quanto connesso ad un'utilità legata al fondo, spettante al proprietario di esso, di godere di una qualche utilità propria di un altro fondo appartenente ad altri.
Si tratta di un diritto reale parziario di godimento che consiste variamente in uno
jus habendi, facendi, prohibendi. Non meno importante dell'art.
1027 cod.civ. ai fini di delineare il contenuto del diritto in esame, è la norma immediatamente successiva.
L'art.
1028 cod.civ., parlando della nozione dell'utilità, afferma che essa "può consistere anche nella maggiore comodità o affinità del fondo dominante. Può del pari essere inerente alla destinazione industriale del fondo".
Alcune servitù hanno un contenuto tipizzato e sono, come tali, oggetto di compiuta disciplina da parte del codice. Esiste tuttavia la possibilità da parte della volontà privata di variamente configurarne la portata in relazione a particolari
utilitas da arrecare al fondo dominante. Il principio di tipicità per le servitù
nota2 è per questo motivo fortemente ridimensionato quanto al contenuto del diritto, venendo di fatto il medesimo a configurarsi come vera e propria "valvola di sfogo" rispetto alla rigida determinazione contenutistica che si riferisce alle altre figure di diritti reali.
Note
nota1
Cfr. Bianca, Diritto civile, vol. VI, Milano, 1999, p.638; Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.551. Si veda anche Comporti, Servitù (dir. priv.), in Enc. dir., p.276. L'A., pur accettando in generale la definizione del codice, ugualmente specifica come si debba tenere fondamentalmente in considerazione il vantaggio che la servitù è idonea a fornire al fondo dominante.
top1nota2
Non vi è alcun problema nè da parte della giurisprudenza, nè da parte della dottrina, nell'ammettere che, accanto ad un certo numero di servitù tipizzate, vi sia piena libertà per i privati di stabilire il più ampio contenuto possibile, purchè sia rispettato il requisito essenziale dell'utilità e sia utilizzata la struttura tipica nei suoi tratti generici. Si vedano p.es. Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli- Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1978, pp.246 e ss.; Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p.249; Barbero, op.cit., p.553; Burdese, Servitù prediali, in Tratt. dir. civ., diretto da Grosso-Santoro Passarelli, Milano, 1960, p.4. In giurisprudenza si considerino Cass. Civ. Sez. II,
820/92; Cass. Civ. Sez. II,
3506/77 ; Cass. Civ. Sez. II,
3444/77 .
top2Bibliografia
- BIANCA, Diritto Civile, Milano, VI, 1999
- BURDESE, Servitù prediali, Milano, Trattato dir.civ., 1960
- COMPORTI, Servitù (dir.priv.), Enc.dir., XLII
- GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006