Risarcimento in forma specifica e per equivalente (responsabilità extracontrattuale)



Nel nostro ordinamento il danneggiato può essere sollevato dalle conseguenze pregiudizievoli che gli siano derivate da un evento dannoso scaturente da un illecito extracontrattuale, attraverso il risarcimento per equivalente ovvero quello in forma specifica. L'art. 2058 cod. civ. prevede che il danneggiato possa richiedere il risarcimento del danno in forma specifica, laddove sia in tutto o in parte possibile, e sempre che non risulti eccessivamente oneroso per il debitore.

Il risarcimento del danno mediante reintegrazione in forma specifica si esplica in una riparazione in natura, consistente nella remissione in pristino, vale a dire nell'eliminazione di quanto illecitamente fatto, quando ciò risulti identificato con la fonte, esclusiva o concorrente, di un danno attuale e destinato, altrimenti, a protrarsi nel tempo, ovvero nella corresponsione di una somma di denaro, da liquidarsi in base alle spese occorrenti per il ripristino (e non in base alla perdita subita).

In applicazione della norma in esame è stato ad esempio disposta l'eliminazione di un pozzo di assorbimento, causa di inquinamento delle acque di un altrui pozzo semiartesiano, la restituzione della cosa o nella prestazione di una cosa uguale a quella distrutta, il ripristino delle precedenti condizioni dell'immobile (cfr. Cass. Civ. Sez. Unite, 1571/95 ).

Lo stesso legislatore prevede inoltre una particolare forma di riparazione del danno non patrimoniale derivante da reato, consistente nella pubblicazione, a spese del danneggiato, della sentenza di condanna (art. 186 c.p. ). L'applicazione del risarcimento in forma specifica è doppiamente condizionata. Invero, il danneggiato potrà chiederla al giudice in presenza delle due condizioni indicate dall'art. 2058 cod. civ. :

  1. quando la reintegrazione sia in tutto o in parte possibile. L'impossibilità che osta a tale forma risarcitoria può essere sia materiale sia giuridica. Il primo caso si verifica, ad esempio, quando il bene da riparare sia perito. Si ha, invece, impossibilità giuridica quando la reintegrazione comporterebbe un esito contrario a disposizioni di legge. Ad esempio il risarcimento per forma specifica non potrebbe essere applicato al danno derivante dalla violazione, da parte del confinante, del limite di altezza imposto dai regolamenti edilizi comunali per i fabbricati, giacché l'art. 872, II comma, cod. civ. consente tale forma risarcitoria solo nell'ipotesi di violazione di norme sulle distanze trquana edifici e non già sulla loro altezza.


  1. quando risulti eccessivamente onerosa per il debitore, vale a dire quando l'impegno economico del danneggiato appaia eccessivo rispetto a quello che risulterebbe in caso di risarcimento per equivalente.

Viceversa, laddove la reintegrazione in forma specifica non sia possibile, ovvero risulti eccessivamente onerosa per il debitore, il risarcimento del danno dovrà avvenire per equivalente, cioè mediante un equivalente monetario della perdita subita e del mancato guadagno. Qualora anche la reintegrazione in forma specifica consista nella dazione di una somma di denaro (ad esempio quella necessaria per la riparazione dei danni provocati ad un autoveicolo in seguito ad un sinistro stradale), la differenza tra riparazione in forma specifica e risarcimento per equivalente consiste nel fatto che, nel primo, la somma dovuta è calcolata sui costi occorrenti per la riparazione, mentre nel secondo è riferita alla differenza tra il bene integro, nel suo stato originario ed il bene leso e danneggiato (cfr. Cass. Civ. Sez. I, 5993/97 ).

Sia nel caso di risarcimento in forma specifica che in quello per equivalente, l'obbligazione risarcitoria costituisce un debito di valore, rappresentante l'effettivo valore del bene compromesso o perduto. In particolare, l'obbligazione risarcitoria ha ad oggetto la corresponsione di una somma di danaro, via via rivalutata, alla quale si cumulano gli interessi, a un tasso ritenuto equo dal giudice (Cass. Civ. Sez. Unite, 1712/97 ).

Quanto al rapporto tra la domanda di risarcimento mediante reintegrazione in forma specifica e quella per equivalente, la giurisprudenza ha costantemente affermato che la seconda costituisce un minus rispetto alla prima, del quale rappresenta il sostitutivo legale mediante la prestazione dell' eadem res debita. In base a ciò sono stati enucleati i seguenti principi:

  1. la richiesta di risarcimento per equivalente è implicita nella domanda di reintegrazione in forma specifica;


  1. la richiesta di risarcimento per equivalente può essere, pertanto, formulata anche in sede di precisazione delle conclusioni, non integrando una mutatio libelli, bensì una mera emendatio, non risultandone immutato né il fatto giuridico posto a fondamento della pretesa (causa petendi) né l'originario petitum;



  1. il risarcimento per equivalente può essere disposto anche d'ufficio;


  1. proposta in primo grado dal danneggiato domanda di reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 cod. civ. , può essere invocato in appello il risarcimento per equivalente, trattandosi di riduzione della domanda originaria. Qualora invece in primo grado sia stato domandato il risarcimento pecuniario, non è consentito chiedere in appello il risarcimento in forma specifica con la condanna dell'avversario ad un facere, costituendo detta richiesta domanda nuova per la diversità del petitum, come tale preclusa a norma dell'art. 345 c.p.c. .

Un'ulteriore differenza tra le due forme di risarcimento, secondo la giurisprudenza, risiede nel fatto che alle azioni intese a far valere un diritto reale (ad esempio, un'azione di ripristino dello stato dei luoghi) deve escludersi l'applicabilità dell'art. 2058, II comma, cod. civ. . Ne discende che, a favore di chi ha agito per la tutela in forma specifica, non può essere pronunciata decisione di condanna per equivalente, giacché la tutela del diritto reale è assoluta. E', altresì, vero che un tal tipo di pronuncia si rende, però, ammissibile allorché sia lo stesso attore danneggiato a chiedere la condanna per equivalente (cfr. Cass. Civ. Sez. I, 10694/97 ). Sennonché, la dottrina ha autorevolmente posto in rilievo come "la reintegrazione in forma specifica si differenzi dalle azioni volte alla tutela dei diritti reali, (...) sebbene la giurisprudenza tenda ad una dilatazione della tutela in esame, piegandola al perseguimento di finalità di tutela reale o preventiva a carattere inibitorio" nota1.

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Note

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Breccia-Bruscuglia-Busnelli-Giardina-Giusti-Loi-Navarretta-Paladini-Poletti-Zana, Diritto Privato, Torino, 2004, II parte.
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Bibliografia

  • BRECCIA-BRUSCUGLIA-BUSNELLI-..., Diritto privato, Torino, II, 2004


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