Pur essendo l'ufficio dell'esecutore testamentario gratuito, l'art.
711 cod.civ. si affretta a prevedere che il testatore possa stabilire una retribuzione a carico dell'eredità. Il principio è quello secondo il quale il munus dell'esecutore non deve essere un'occasione di guadagno.In difetto di previsioni da parte del de cuius dunque l'incarico non rinverrà alcuna forma di compenso (cfr. Cass. Civ. Sez.II,
17382/04, che tuttavia non esclude il compimento da parte dell'esecutore di un'attività ulteriore, come tale remunerabile). Si disputa se gli eredi possano convenire di comunque assegnare una retribuzione. Secondo alcuni l'intesa assunta in questo senso sarebbe perfettamente lecita
nota1. V'è poi chi reputa che essa, non riconducibile alla volontà testamentario, rinverrebbe causa in un negozio a titolo gratuito qualificabile in chiave di liberalità remuneratoria tra esecutore ed eredi
nota2.
Quanto al caso in cui il testatore abbia previsto una retribuzione specificamente determinata (una somma di denaro, un bene specificamente indicato), il problema è quello di distinguere tra compenso e legato
nota3. Il criterio pare essere quello della proporzionalità del valore dell'assegnazione rispetto alla gravosità del compito
nota4 . Nell'ipotesi in cui il primo ecceda notevolmente il secondo dovrebbe concludersi nel senso della liberalità. E' tuttavia possibile che il de cuius abbia previsto un compenso in modo del tutto generico (es.: un "equo compenso", un "giusto onorario", etc.). In questo ambito non è da escludere che la determinazione venga affidata all'erede ovvero ad un terzo (ma non al mero arbitrio di costoro). Quando il testamento non fornisca criteri di determinazione, si reputa che la liquidazione sia da eseguirsi dall'esecutore e dagli eredi concordemente. In difetto di accordo interverrebbe il giudice in sede contenziosa
nota5.
Infine occorre riferire che le spese sostenute dall'esecutore testamentario per espletare il proprio ufficio sono poste dall'art.
712 cod.civ. a carico dell'eredità
nota6. La norma riecheggia l'art.
511 cod.civ. che, in tema di accettazione beneficiata, pone parimenti a carico dell'asse gli esborsi relativi all'apposizione dei sigilli, alle operazioni inventariali e ad ogni altro atto.
Note
nota1
Così Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, in Comm.cod.civ., Libro II, Torino, 1978, p.432.
top1nota2
Per una disamina di tali opinioni cfr. Stella Grasso, In tema di compenso dell'esecutore testamentario, in Notariato, 1998, p.569. In ogni caso questa retribuzione esula dal disposto dell'articolo
711 cod.civ. , in quanto prescinde dalla volontà del testatore, rinvenendo il proprio fondamento direttamente nel rapporto tra eredi ed esecutore.
top2nota3
La questione ha rilevanti riflessi fiscali, poiché la retribuzione deve essere dichiarata dall'esecutore quale reddito percepito, mentre il legato sconta, come tale, l'imposta sulle successioni.
top3nota4
Vicari, L'esecutore testamentario, in Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, vol.I, Padova, 1994, p.1345.
top4nota5
Del Giudice, L'esecutore testamentario, inLe successioni testamentarie (artt. 624-712), a cura di Bianca, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Torino, 1983, p.471; Brama, Manuale dell'esecutore testamentario, Milano, 1989, p. 93.
top5nota6
Circa l'individuazione delle spese ripetibili, in mancanza di una espressa specificazione normativa, si registrano due distinti orientamenti. Secondo un'opinione rigoristica sarebbero ripetibili soltanto le spese necessarie ed obiettivamente utili sostenute per l'adempimento dell'incarico, dovendosi escludere quelle eccesive e superflue (in questo senso Azzariti-Martinez, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1979, p.575). A parere di altri dovrebero invece essere rimborsate all'esecutore tutte le spese, ad eccezione di quelle sostenute in violazione dell'obbligo di diligenza del buon padre di famiglia (così Talamanca, Successioni testamentarie, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1978, p.543; Caramazza, Delle successioni testamentarie, in Comm. teorico-pratico al cod.civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1982, p.597). Anche in tema di spese giudiziali da un lato si sostiene che le spese fatte in occasione della lite promossa dell'erede o dal legatario non sarebbero necessariamente connesse all'attività dell'esecutore, dovendo essere applicato il principio della soccombenza (in questo senso Cass.Civ.
3297/54 ), dall'altro si afferma che occorrerebbe valutare la spesa processuale alla luce del principio di diligenza come sopra riferito (Talamanca, op.cit., p.543).
top6Bibliografia
- BRAMA, Manuale dell' esecutore testamentario, Milano, 1989
- CARAMAZZA, Delle successioni testamentarie, artt. 587-712, Roma, Comm. teor-prat. del c.c, dir. da De Martino, 1973
- DEL GIUDICE, L'esecutore testamentario / Le successioni testamentarie, Torino, Giur. Sist. Dir. Civ. e Comm., 1983
- F.S. AZZARITI - MARTINEZ - G.AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1979
- GIANNATTASIO, Delle successioni, successioni testamentarie, Torino, Comm.cod.civ., II, 1978
- VICARI, L'esecutore testamentario, Padova, Successioni e donazioni, I, 1994