Negozi formali, negozi non formali



La distinzione tra negozi formali e non formali attiene alla necessità o meno che essi siano perfezionati in esito all'adozione di una forma determinata, quale che sia (lo scritto, l'atto pubblico, l'atto pubblico alla presenza di testimoni, lo scritto di pugno dell'autore, etc.) nota1.

Ad esempio la donazione deve (ad eccezione della donazione di modico valore, che si perfeziona con la dazione della cosa, ponendosi come contratto reale: cfr. art. 783 cod. civ. ) a pena di nullità essere consacrata in un atto pubblico, alla presenza di due testimoni (art. 782 cod. civ. ). La vendita avente ad oggetto beni immobili deve rivestire la forma scritta (art. 1350 cod. civ. ). Il testamento olografo deve essere redatto per intero di pugno dal testatore e munito di data (art. 602 cod. civ. ).

Generalmente viene affermato come immanente nell'ordinamento un principio generale di libertà delle forme nota2 : ne seguirebbe che, in difetto di una esplicita menzione normativa che necessita le parti all'adozione di un determinato specifico formalismo, queste siano libere di dar vita alla manifestazione negoziale per il tramite di qualsiasi veste formale. Giova a questo proposito ribadire una precisazione meramente semantica: libertà della forma non significa nessuna forma. L'atto di per sé, per potersi dire esistente, deve necessariamente possedere un veicolo idoneo a manifestarne il contenuto; tale veicolo è per l'appunto la forma nota3. Libertà delle forme significa piuttosto possibilità di scegliere qualsiasi modalità di esteriorizzazione della volontà negoziale, in esse compresa la condotta fattuale, ogniqualvolta sia manifestazione diretta o indiretta (concludente) della volontà nota4 .

Note

nota1

Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p. 200.
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nota2

Macioce, Appunti sulla forma negli atti unilaterali. Sul principio della libertà delle forme, in Studi in onore di Giorgianni, Napoli, 1988, p. 461; Perlingieri, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987, p. 30; Giorgianni, voce Forma degli atti, in Enc. dir., p. 994; Liserre, Formalismo negoziale e testamento, Milano, 1966, p. 17; De Cupis, Sul contestato principio di libertà delle forme, in Riv. dir. civ., 1986, vol. II, p. 204. Contra Irti, Idola libertatis (tre esercizi sul formalismo giuridico), Milano, 1985, p. 81, per il quale il nostro ordinamento non avrebbe previsto un generale principio di libertà delle forme, ma avrebbe disciplinato due diversi modelli di formazione negoziale: uno "a struttura debole", per il quale gli elementi essenziali ex art. 1325 cod. civ. sarebbero solo la causa, l'oggetto e l'accordo, l'altra "a struttura forte", in quanto richiederebbe la combinazione di quattro requisiti (accordo, causa, oggetto e forma).
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nota3

Cfr. Scognamiglio, voce Negozio giuridico, in Enc. Giur. Treccani, p. 14.
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nota4

Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, p. 136.
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Bibliografia

  • DE CUPIS, Sul contestato principio delle libertà delle forme, Riv.dir.civ., II, 1986
  • GIORGIANNI, Forma degli atti, Enc. dir.
  • IRTI, Idola libertatis (tre esercizi sul formalismo giuridico), Milano, 1985
  • LISERRE, Formalismo negoziale e testamento, Milano, 1966
  • MACIOCE, Appunti sulla forma negli atti unilaterali. Sul principio della libertà delle forme, Napoli, Studi in onore di Giorgianni, 1988
  • PERLINGIERI, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987
  • SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002
  • SCOGNAMIGLIO, Negozio giuridico, Enc. giur. Treccani

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