Le patologie dell'atto in genere



Generalmente l' invalidità, nelle due specie della annullabilità e della nullità, viene fatta oggetto di trattazione come categoria a sè stante. Essa è posta in relazione con le violazioni dei limiti fissati dalla legge alla libertà negoziale dei privati, ora per ragioni di interesse generale (nullità), ora per proteggere interessi particolari (cause di annullabilità).

Risoluzione e rescissione vengono autonomamente esaminate con riferimento alle anomalie genetiche (rescissione) o funzionali (risoluzione) del sinallagma contrattuale. In questo senso si tratta di vizi dell'atto collegati alla violazione dell'equilibrio del meccanismo causale che riguarda una specie soltanto di stipulazioni: i contratti a prestazioni corrispettive.

Ulteriori rimedi volti a porre a vario titolo nel nulla gli effetti dell'atto vengono riguardati in sè e per sè, in maniera del tutto avulsa dalle impugnative appena menzionate. Tali la revocazione, la riducibilità delle disposizioni lesive della quota di legittima, l'azione revocatoria.

Sembrerebbe invece più congruo trattare in modo unitario, da un punto di vista assolutamente generale, tutti questi istituti. Nella notevole difformità degli uni rispetto agli altri, esiste tuttavia un comune dato aggregante. Si tratta, in ogni caso, di situazioni giuridiche attinenti ad un dato patologico dell'atto, di anomalie che possono variamente sfociare in provvedimenti di tipo giudiziale ovvero in convenzioni private intese all'eliminazione del vizio ovvero alla riconduzione dell'atto ad un diverso contenuto, privo degli elementi originanti la causa di impugnabilità.

Si procederà dunque ad una inusuale ricognizione nota1, sia pure sotto un profilo sistematico e generale, operando un'analisi per così dire "in parallelo" delle citate fattispecie, analisi condotta alla stregua dei seguenti aspetti:
  1. aspetto definitorio della patologia, delle norme di riferimento, dell'ambito di ciascuna;
  2. descrizione sommaria degli effetti propri a ciascuna figura;
  3. legittimazione ad agire;
  4. rilevabilità ad opera del giudice;
  5. natura della pronunzia giudiziale correlativa;
  6. eventuale modalità di eliminazione negoziale del vizio e relativa sanabilità;
  7. modo di operare della prescrizione. Una premessa deve essere immediatamente oggetto di chiarimento relativamente al concetto di inefficacia ed a quella di inesistenza.

L'inefficacia è categoria generale che non ha necessariamente a che vedere con un'alterazione patologica dell'atto. Ne può costituire l'effetto immediato o mediato, ma non va confusa con quanto può costituirne la causa, l'agente eziologico. L'inefficacia può infatti essere il risultato dell'apposizione di un termine iniziale ovvero di una clausola condizionale di tipo sospensivo, eventualità che nulla hanno a che vedere con gli aspetti qui in esame. Inefficace è pure l'atto simulato, almeno inter partes, anche se questa condizione giuridica non può propriamente essere ricondotta alla nullità.

Per quanto attiene all'ambito di operatività delle patologie che assumeremo in considerazione, si può riferire di notevoli differenze. Nullità ed annullabilità sono categorie riferibili a tutte le fattispecie di atti negoziali e non negoziali. L'ambito applicativo è di fatto omnicomprensivo dell'intera attività giuridica, tanto è vero che, soprattutto per quanto attiene alla nullità, abbiamo a che fare con una qualificazione che riguarda anche la scienza amministrativistica e processuale (si pensi al provvedimento nullo, alla nullità della sentenza). Risoluzione e rescissione hanno invece a che fare con i soli contratti a prestazioni corrispettive. La riduzione attiene invece alle sole disposizioni effettuate a titolo liberale (donazioni, lasciti testamentari) che risultino lesive della quota di riserva. La revocazione viene a propria volta ad integrare una specifica modalità di caducazione successiva della disposizione testamentaria o della donazione. Infine l' azione revocatoria si riferisce a quegli atti che pregiudicano, in danno del creditore, la capienza del patrimonio del debitore, in modo da mettere in forse la possibilità che quest'ultimo faccia fronte alle proprie obbligazioni.

Note

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Ricognizione comunque utile e fruttuosa non soltanto a fini sistematici: si pensi ad esempio al modo di disporre dell'art. 1939cod.civ., ai sensi del quale la fideiussionenon è valida se non è validal'obbligazione principale. E' possibile rilevare che il riferimento alla validità dell'obbligazione principale operato dalla predetta norma allude adogni specie di alterazione patologica del titolo afferente all'obbligazione principale e non soltanto all'annullabilità o alla nullità. La garanzia fidejussoria si caduca, ad esempio, anche nell'ipotesi in cui il debito principale sia stato generato da un titolo assoggettato a risoluzione o a rescissione. La disposizione si giustifica in considerazione del carattere accessorio del vincolo fidejussorio. La garanzia rinviene, infatti, un fondamento solo se è valido ed efficace il titolo da cui scaturisce il rapporto debitorio da garantire.
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