La presupposizione



Il concetto di presupposizione evoca quello di una base negoziale oggettiva, presupposta dalle parti.

Si pensi al noto esempio della locazione di una finestra o di un balcone per il giorno del Palio in Piazza del Campo a Siena.

E' evidente che, se le parti hanno concluso un accordo in base al quale, a fronte della corresponsione di una determinata somma di denaro, viene consentito l'accesso alle finestre ed ai balconi di una casa che prospetta sulla Piazza, pur senza menzionare che ciò avviene allo scopo di poter assistere alla storica competizione, questo elemento è comunque tale da permeare l'intera pattuizione. Chi mai si sognerebbe di pagare una somma non indifferente, semplicemente per affacciarsi senza un preciso motivo sul prospetto di una pubblica piazza?

Le parti non possono, nella conclusione del contratto, non aver tenuto in considerazione alcuni aspetti, nonostante non ne abbiano fatto menzione. La presupposizione evoca un aspetto variamente attinente al meccanismo della corrispettività dell'atto negoziale, comunque desumibile implicitamente, ma necessariamente, dal contesto dell'atto.

Giova osservare che, in generale, è possibile riferire del meccanismo condizionale come necessariamente espresso nel contratto. La relativa clausola deve cioè essere contemplata per il tramite di una clausola specifica.

Che cosa dire di una condizione presupposta dalle parti, ma non espressa, non resa esplicita? Puó essere configurata una condizione implicita, nel senso che si desuma necessariamente dal tenore dell'accordo, il quale non troverebbe giustificazione se non appunto presupponendo un certo elemento, rimasto tuttavia non indicato ?

Nell'ipotesi in cui non fosse stata apposta una condizione, in forza della quale sarebbe stato manifestato espressamente il motivo che animava i contraenti, quali sarebbero le conseguenze nel caso in cui l'evento atteso non avesse avuto luogo? Sarebbe fondata la pretesa di ottenere comunque il compenso previsto?

Il problema non è di facile soluzione. Da un lato i principi generali imporrebbero di non conferire alcuna rilevanza a motivi inespressi che, come tali, non abbiano trovato spazio nel contesto contrattuale nota1. Dall'altro la considerazione del principio di buona fede e lo stesso significato sociale della condotta delle parti risultano univocamente interpretabili.

La tematica della presupposizione è stata variamente esaminata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, alternativamente in una delle seguenti chiavi ermeneutiche:
  1. quale condizione non espressa, comunque rilevante nelle condizioni di tempo e di luogo in cui il contratto è stato stipulato, in omaggio al principio dell'interpretazione dell'intento comune (art.1362 cod.civ. ) (Cass. Civ., 7197/97 ) ed esecuzione (o interpretazione) secondo buona fede (art.1366 cod.civ. ) nota2 ;
  2. come elemento attinente alla base negoziale, al nesso sinallagmatico tra le prestazioni. Ne discenderebbe la nullità del contratto per difetto di causa nel caso in cui la situazione presupposta potesse definirsi come del tutto mancante ab origine (Cass. Civ., sez.II, 3083/98 ; Cass. Civ., 8689/95 ). Talvolta il senso dell'atto si rinviene non già nel nesso tra le reciproche attribuzioni, bensì in relazione ad una fattispecie di collegamento negoziale di tipo funzionale;
  3. come causa di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta (art.1467 cod.civ. ), nell'ipotesi in cui la situazione presupposta, pur originariamente sussistente, fosse venuta meno in seguito nota3 (Cass. Civ., Sez. II, 27916/2017; Cass. Civ., 1040/95 ; Cass. Civ., 4554/89 ). Anche in questo caso la presupposizione viene ad avere a che fare con la corrispettività e con la causa dell'atto, sia pure sotto il profilo funzionale (non genetico);
  4. come presupposto di efficacia del contratto che, ancorchè esterno allo stesso dal punto di vista dell'oggetto e della causa, comunque ne costituisca la base implicitamente comune ai contraenti, di modo che la mancanza della corrispondente situazione determinerebbe l'attribuzione del diritto di recesso (Cass. Civ. Sez. III, 12235/07 ). La questione si pone spesso nel senso di potersi dire raggiunta o meno la prova in dipendenza della quale, tenuto conto delle circostanze di tempo e di luogo in cui il negozio venne concluso, si possa concludere che le parti, pur in difetto di un'esplicita clausola, ebbero a subordinazione l'efficienza del negozio alla circostanza presupposta. In caso di esito negativo di questa indagine, ammettere l'eventuale risoluzione del contratto sarebbe contrario a principi di buona fede. All'inverso, raggiunta positivamente questa prova, proprio la considerazione della buona fede induce ad ammettere la praticabilità della risoluzione.

Occorre osservare che talvolta in giurisprudenza non sembra chiara la differenza tra presupposto e presupposizione: soltanto quest'ultima è connotata dal requisito della futurità, non potendosi definire presupposizione, bensì presupposto volontario la situazione fattuale, già sussistente al tempo della contrattazione e considerata dalle parti quale "cornice contrattuale" implicita nota4. In particolare le pronunzie che fanno riferimento alla nullità del contratto per difetto originario di elementi presupposti definiscono come presupposizione una fattispecie i cui requisiti corrispondono piuttosto a quelli propri del presupposto volontario.

Note

nota1

In particolare Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, p.194, afferma che la presupposizione, in quanto modalità non sviluppata del negozio, è irrilevante come un semplice motivo individuale.
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nota2

Così Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.274 e Bianca, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, p.440, per il quale "il venir meno della presupposizione non importa come tale l'automatica risoluzione del contratto, ma il rimedio del recesso unilaterale a favore della parte per la quale il vincolo contrattuale è divenuto intollerabile od inutile".
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nota3

E' di questa opinione Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p.881.
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nota4

Analogamente Bessone, Adempimento e rischio contrattuale, Milano, 1969, p.285.
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Bibliografia

  • BESSONE, Adempimento e rischio contrattuale, Milano, 1969
  • GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
  • SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002

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