La giacenza ereditaria: caratteri e limiti della fattispecie



Nonostante il letterale tenore dell'art. 528 cod.civ. sembri riferirsi soltanto all'ipotesi in cui il chiamato, che non è nel possesso dei beni ereditari, non abbia (ancora) accettato l'eredità, tra gli interpreti si dibatte se la giacenza ereditaria corrisponda anche ad altre situazioni.

V'è al riguardo chi ha infatti rilevato come ben potrebbe parlarsi di eredità giacente in tutti quei casi nei quali colui in favore del quale opererebbe la delazione non abbia acquisito la qualità di erede. Ricorrerebbe la figura, in particolare, ogniqualvolta venisse in considerazione un'istituzione sottoposta a condizione sospensiva oppure l'istituzione di un nascituro concepito o meno nota1.

Ancora si dibatte se sia ammissibile una giacenza parziale (c.d. giacenza pro quota), relativa cioè soltanto ad una parte dell'asse ereditario. La situazione potrebbe avere luogo ogniqualvolta vi fosse uno dei chiamati all'eredità che si trovasse nel possesso (di parte) dei beni ereditari. L'esame che segue sarà dunque dedicato, una volta illustrati i presupposti ed i limiti della giacenza, a questa problematica.

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Note

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Nicolò, Nota a Cassazione 11 giugno 1940, in Foro it., 1941, vol. I, c. 287; Azzariti, Le successioni e le donazioni, Padova, 1982, p. 189. In particolare v'è chi (Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p. 1160) ha avuto modo di osservare come sia proprio l'art. 644 cod.civ. , dettato in materia di amministrazione dei beni lasciati all'istituito sotto condizione sospensiva o al nascituro, a fare espresso riferimento alla normativa dettata in tema di curatela dell'eredità giacente. Pare tuttavia operazione non agevole quella di assimilare le dette ipotesi alla situazione di cui all'art. 528 cod.civ. . Potrebbe essere proprio il rinvio in parola a manifestare l'autonomia delle altre figure (Capozzi, Successioni e donazioni, t. 1, Milano, 2002, p. 95; Palazzo, Le successioni, in Tratt.dir.priv., diretto da Iudica-Zatti, vol.II, Milano, 2002, p. 402). Prevalentemente gli interpreti sono orientati in quest'ultimo senso (cfr. Giannattasio, Delle successioni: delle successioni testamentarie (Artt. 587-712), in Comm. cod. civ., libro II, t.3, Torino, 1980, p. 247; Cariota Ferrara, Le successioni per causa di morte. Parte generale, Napoli, 1977, p. 525; Natoli, L'amministrazione nel periodo successivo all'accettazione, in L'amministrazione di beni ereditari, vol. II, Milano, 1969, p.313; Trimarchi, L'eredità giacente, Milano, 1954, p. 38; Lipari, L'eredità giacente, in Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, vol.I, Padova, 1994, p. 330) secondo i quali l'istituto dell'eredità giacente dovrebbe intendersi limitato esattamente a quello esplicitamente appellato come tale. Si è rilevato, tra l'altro, come, nelle ulteriori ipotesi di amministrazione di beni ereditari, differente si palesi sia l'origine dei poteri, sia la doverosità della condotta. Sotto il primo profilo sarebbe la legge che attribuisce in via diretta i poteri degli amministratori di cui all'artt. 641 e ss. cod. civ.. Infine essi amministrerebbero il compendio ereditario nel proprio interesse e non in quello oggettivo dell'eredità. Invero questi argomenti non sono condivisibili. Sia l'art. 641 cod. civ., sia i ss. artt. 642 e 643 cod. civ. fanno riferimento a soggetti che devono essere nominati giudizialmente (contra Barbero, op.cit., p. 1160, per il quale la nomina di questi amministratori è automatica e di diritto, essendo limitato l'intervento dell'autorità giudiziaria alle sole ipotesi di mancanza delle persone designate dalla legge) e la cui attività di amministrazione deve indubbiamente essere ispirata alla tutela oggettiva dell'asse ereditario. Si badi alla cautela espressa dall'ultimo comma dell'art. 642 cod. civ. , a mente del quale "quando concorrono giusti motivi" (si può pensare all'ipotesi di omessa o cattiva amministrazione) l'autorità giudiziaria può provvedere altrimenti (ad esempio nominando un amministratore estraneo). Non molto concludente, ai fini di orientare l'esito della diatriba, appare da ultimo l'osservazione secondo la quale (Ferri, Disposizioni generali sulle successioni (Artt.456-511), in Comm. cod. civ., diretto da Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1997, p. 146) mentre l'ufficio del curatore ha termine quando l'eredità venga accettata, invece l'amministrazione affidata specificamente ai soggetti normativamente individuati potrebbe ben cessare anche prima di tale evento. Ciò dipende dalle peculiarità di ciascuna fattispecie. Così è chiaro che, una volta venuto alla luce il nascituro istituito, i poteri di amministrazione spetteranno ai genitori di quest'ultimo.
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Bibliografia

  • AZZARITI, Le successioni e le donazioni: Libro secondo del Codice Civile, Padova, 1982
  • CARIOTA-FERRARA, Successioni per causa di morte.Parte generale, Napoli, 1985
  • FERRI, Successioni in generale. Art.456 - 511, Bologna Roma, Comm.cod.civ. Scialoja Branca, 1980
  • GIANNATTASIO, Delle successioni. Disposizioni generali. Successioni legittime, Torino, Comm.cod.civ., II, 1971
  • LIPARI, L'eredità giacente, Padova, Successioni e donazioni, I°, 1994
  • NATOLI, L'amministrazione dei beni ereditari, Milano, I, 1968
  • NICOLO', Nota a cassazione 11 giugno 1940, Foro it., I, 1941
  • PALAZZO, Le successioni, Milano, Tratt.dir.priv. cura Iudica e Zatti , II, 2000
  • TRIMARCHI, L'eredità giacente, Milano, 1954

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