La condizione meramente potestativa



La condizione viene qualificata come meramente potestativa se la verificazione dell'evento è fatta dipendere dalla mera volontá (vale a dire una volontà svincolata da qualsiasi razionale valutazione di opportunità, arbitraria in quanto non controbilanciata da un'opposta possibilità di equilibrare il rapporto: cfr. Cass. Civ., Sez. III, 18239/2014) di una delle parti. Non sarebbe tale la condizione la cui verificazione dipende dalla volontà o dal fatto di un terzo (Cass. Civ. Sez. V, 30143/2019).

Dal punto di vista logico è possibile distinguere nel genus quattro distinte ipotesi:

  1. condizione meramente potestativa sospensiva nella quale l'evento dipende dalla mera volontà dell'alienante o del soggetto obbligato;
  2. condizione meramente potestativa risolutiva nella quale l'evento dipende dalla mera volontà dell'alienante o del soggetto obbligato;
  3. condizione meramente potestativa sospensiva nella quale l'evento dipende dalla mera volontà del beneficiario dell'attribuzione o comunque dal destinatario degli effetti incrementativi dell'atto;
  4. condizione meramente potestativa risolutiva nella quale l'evento dipenda dalla mera volontà del beneficiario dell'attribuzione o comunque dal destinatario degli effetti incrementativi dell'atto. A fronte di queste possibilità la legge prende in considerazione all'art. 1355 cod. civ. soltanto quella di cui al punto a) che precede, stabilendo la nullità dell'atto con il quale viene alienato un diritto o assunto un obbligo subordinatamente alla verificazione di un evento (corrispondente appunto ad una condizione sospensiva) che lo faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o da quella del debitore.

Poiché la verificazione dell'evento che determina l'assunzione dell'obbligo o l'effetto traslativo consistente nell'alienazione, dipende dal soggetto il cui patrimonio risulterebbe depauperato per effetto dell'efficienza della condizione, l'apposizione di essa comporta la totale assenza di serietà di intenti da parte dell'obbligato (o dell'alienante), il che non può se non indurre una valutazione di insufficienza causale rispetto al negozio al quale sia stata apposta nota1 .

Si potrebbe dire, riprendendo argomentazioni proprie della tematica della causa intesa come elemento essenziale del contratto, che i contraenti che abbiano inserito una siffatta clausola nell'atto non abbiano in realtà voluto munire di tutela giuridica (giuridicizzare) l'impegno assunto (cfr. art. 1322 cod. civ. ) nota2.

Che cosa significa dunque mera volontá? Significa una volontá non seria, un intento che puó essere indifferentemente indirizzato (da parte dell'alienante o dell'obbligato) in senso negativo o affermativo, senza che da tale scelta possano scaturire conseguenze giuridicamente rilevanti per colui che la opera nota3 .

Se riferita ad un contratto con prestazioni corrispettive, la norma appare di ardua interpretazione: che senso avrebbe prevedere che l'obbligato possa svincolarsi? A ciò seguirebbe il difetto di causa anche relativamente alla controprestazione.

Secondo un'opinione nota4, la norma sarebbe dunque applicabile soltanto se riferita agli atti unilaterali ed ai contratti in cui una parte si obbliga senza che l'altra debba corrispondere corrispettivo alcuno.

Nell'ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, la previsione si risolverebbe piuttosto nell'attribuzione di una facoltá di recesso che, come tale, esonererebbe anche l'altra parte dall'obbligo di effettuare la controprestazione (Cass. Civ., 3626/89 ).

Un elemento è immediatamente evidente: al contrario di quanto si può dire per la condizione meramente potestativa risolutiva, la condizione sospensiva meramente potestativa dipendente dalla volontà di chi si avvantaggia dell'alienazione o è destinatario di un'attribuzione connessa al contenuto attivo di un'obbligazione, si sostanzia in una sorta di facoltà di respingere il contenuto positivo di un'attribuzione patrimoniale. Non pare dunque che vi sia alcun principio ostativo all'ammissibilità di essa nota5 .

In giurisprudenza si è tuttavia deciso in senso parzialmente contrario, essendosi stabilita la nullità del contratto sottoposto a condizione sospensiva meramente potestativa, il cui evento dipendeva dalla mera volontà della parte che avrebbe tratto dal contratto il vantaggio principale (laddove, si noti, vantaggio principale non significa vantaggio esclusivo: nella specie si poteva dire che tale vantaggio era controbilanciato da una controprestazione, per quanto di più tenue consistenza) (cfr. Cass. Civ., 5099/88 ).

Quando invece la condizione meramente potestativa dipendente dalla volontà dell'obbligato o dell'alienante fosse risolutiva, ci si trova davanti ad un difetto di previsione normativa. Secondo un'opinione nota6 la clausola avrebbe quale effetto quello di travolgere di nullità l'intero contratto, secondo altri nota7 dovrebbe piuttosto ritenersi come non apposta, non potendosi lasciare al mero arbitrio del debitore di far cessare l'obbligazione od un effetto reale in guisa da ritenersi come mai esistiti.

In giurisprudenza sembra prevalente il parere favorevole all'ammissibilità dell'apposizione di condizioni meramente potestative di carattere risolutivo (Cass. Civ., 5631/85 ), in difetto di un divieto di legge in tal senso.

Si noti che una previsione normativa particolarmente vicina alla fattispecie in esame è costituita dal diritto di riscatto (art. 1500 cod. civ. ), ipotesi per la quale non si puó dire tuttavia che operi una mera volontá dell'alienante. Se costui vuole riscattare il bene venduto deve pur sempre effettuare i relativi pagamenti.

Parte della dottrina nota8 sostiene che, in pratica, ci si troverebbe di fronte ad un diritto di recesso attribuito ad uno dei contraenti (art. 1373 cod. civ. ) (cfr. Cass. Civ., 812/92 ). La giurisprudenza ritiene sotto questo profilo valida (argomentando a contrario rispetto all'art. 1355 cod. civ. ) la relativa clausola. Essa si differenzierebbe dal recesso a cagione dell'irretroattività degli effetti di quest'ultimo, dovendo invece essere considerata come produttiva di effetti retroattivi la verificazione dell'evento dedotto nella condizione risolutiva (Cass. Civ. Sez. III, 2504/74 ).

Certamente non potrebbe reputarsi come introduttiva della mera volontà arbitraria di uno dei contraenti la clausola che prevesse l'eliminazione degli effetti del contratto per il caso dell'inadempimento di una delle parti. Ammissibile pare pertanto la c.d. condizione di inadempimento, sulla quale si riferirà partitamente (Cass. Civ. Sez. II, 17859/03 ).

Sono state inoltre ritenute ammissibili, pattuizioni volte ad attribuire ad entrambi i contraenti il potere di far venir meno gli effetti del contratto: sembra tuttavia difficile configurare queste pattuizioni nell'ambito della condizione meramente potestativa. Non pare tuttavia possa farsi riferimento appropriato ad una mera volontà dei contraenti (la cui espressione sia indifferentemente orientabile in un senso oppure in un altro). In tali eventualità pare venir meno addirittura il nesso sinallagmatico riconducibile ad entrambe le posizioni contrattuali delle parti (Cass. Civ., 812/92 ).

Una particolare ipotesi di condizione meramente potestativa è prevista dall'art. 790 cod. civ. , ai sensi del quale il donante si può riservare di qualche oggetto compreso nella donazione (condizione della riserva di disporre di cose determinate).

Note

nota1

Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p. 278.
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nota2

Stanzione, Condizione potestativa e finzione di avveramento, in Rass. dir. civ., 1992, vol. I, p. 732.
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nota3

Betti, Teoria del negozio giuridico, Torino, 1960, p. 534 e Rubino, La serietà del volere, Napoli, 1994, p. 24.
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nota4

Costanza, La condizione e gli altri elementi accidentali, in I contratti in generale, t. 2, a cura di Gabrielli, Torino, 1999, p. 843.
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nota5

In questo senso Sangiorgi, Rapporti di durata e recesso ad nutum, Milano, 1965, p. 143.
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nota6

Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, p. 199.
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nota7

Rescigno, voce Condizione, in Enc. dir., vol. VIII, 1961, p. 796, Barbero, voce Condizione, in N.sso Dig.it., vol. III, 1959, p. 1106 e Pelosi, La proprietà risolubile, Milano, 1968, p. 208.
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nota8

Mirabelli, Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ., vol. IV, t. 2, Torino, 1980, p. 237 e Bianca, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, p. 549.
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Bibliografia

  • BARBERO, voce Condizione (dir. civ.), N.mo Dig. It.
  • BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, Tratt. dir. civ. diretto da Vassalli, XV, 1950
  • COSTANZA, La condizione e gli altri elementi accidentali, Torino, I contratti in generale, II, 1999
  • MIRABELLI, Dei contratti in generale, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1967
  • PELOSI, La proprietà risolubile nella teoria del negozio condizionato, Milano, 1975
  • RESCIGNO, Condizione, Enc.dir., VIII, 1961
  • RUBINO, La serietà del volere, Napoli, 1994
  • SANGIORGI, Rapporti di durata e recesso ad nutum, Milano, 1965
  • SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002
  • STANZIONE, Condizione potestativa e finzione di avveramento, Rass.dir.civ., I, 1992

Prassi collegate

  • Quesito n. 357-2014/C, Atto di donazione sottoposta alla condizione risolutiva della alienazione del bene donato a terzo non gradito

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