Il principio di conservazione


Nell'ipotesi in cui sussistano dubbi circa la portata e le disposizioni contrattuali, l'atto negoziale o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno (art. 1367 cod.civ.)nota1.

In giurisprudenza si è affermato che l'applicabilitá del principio in considerazione è subordinata all'inutile esperimento dell'operazione interpretativa condotta alla stregua delle regole dell'interpretazione soggettivanota2 . Rimasto ancora dubbio il contenuto del negozio, nel senso che sono attribuibili al medesimo due o piú possibili sensi, viene scelto quello che conduce ad una qualche estensione effettuale (Cass. Civ. Sez. I, 3769/83 ; Cass. Civ. Sez. II, 1402/89 ; Cass. Civ. Sez. III, 1468/81). In altri termini occorre che sia comunque individuabile una volontà comune dei contraenti, non risultando altrimenti possibile un'operazione ermeneutica che si ponga come sostitutiva di tale intento (Cass. Civ., Sez.II, 7791/13). Anzi dovrebbe escludersi il ricorso al criterio in esame ogniqualvolta dall'interpretazione della comune intenzione delle parti risultasse proprio un esito contrario al mantenimento del contratto (si pensi ad una clausola nulla in difetto della quale l'accordo non si sarebbe formato: Cass. Civ., Sez. II, 23950/2014).

Si tratta del principio della conservazione del negozio in forza del quale viene preferita l'attribuzione di un significato utile ad uno inutile (semprechè non risulti chiaro che la volontà delle parti debba intendersi in quest'ultima direzione; cfr. Cass. Civ. Sez. Lavoro, 6806/83 ). Qualora infatti alle disposizioni contrattuali potesse esser dato tanto un significato alla stregua del quale l'atto si ponesse come improduttivo di effetti, quanto un senso in base al quale esso possa, al contrario, sortire una qualche efficacia è quest'ultima soluzione che l'interprete deve scegliere (Cass. Civ. Sez. III, 9175/98 ). Ciò anche se le cose dette non importano necessariamente che si debba optare per l'esito interpretativo che comporti la maggiore efficacia possibile (Cass. Civ. Sez. I, 3293/97 )nota3.

La norma di cui all'art. 1367 è assai importante come espressione del piú vasto principio di conservazione del negozio giuridico, al quale sono ispirati anche altri istituti (si pensi alla conversione del negozio nullo ex art. 1424 cod.civ., alla riconduzione del contratto ad equità di cui all'art. 1450 cod.civ.).

Perplessa è l'eventualità in cui un contratto contenga due clausole tra loro incompatibili che disciplinano esattamente la stessa questione: quale applicare? Il problema dell'incompatibilità deve essere risolto valutando quale sia la clausola maggiormente atta a soddisfare gli interessi di entrambe le parti (Cass. Civ. Sez. I, 2773/96). L'aperta contraddizione può anche condurre alla nullità o comunque all'inefficacia della clausola apertamente in contrasto con la base negoziale del contratto. Si pensi alla clausola del contratto di locazione di immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo per il quale da un lato sia indicato espressamente dalle parti il fatto che i vani saranno usati come officina riparazioni, dall'altro le parti abbiano esclusa l'adibizione ad attività tale da implicare contatti con il pubblico (allo scopo di evitare l'applicazione dell'art.34 della legge 392/1978 in materia di indennità per perdita di avviamento. E' stato deciso al riguardo come la natura elusiva della clausola non possa non importarne l'inoperatività (Cass. Civ., Sez.III, 2659/13).

Note

nota1

La norma si ispira al principio secondo il quale "res magis valeat quam pereat "(D.34.5.21.1).
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nota2

Spapperi, L'interpretazione del contratto, in I contratti in generale, a cura di Cendon, vol. V, Torino, 2000, p. 294, ne mette in evidenza il carattere sussidiario.
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nota3

Conformi Oppo, Profili dell'interpretazione oggettiva del negozio giuridico, Bologna-Roma, 1943, p. 33 e ss.; Mirabelli, Dei contratti in generale, in Comm.cod.civ., vol. IV, Torino, 1984, p. 282; Sacco, L'interpretazione, in Tratt. Rescigno, vol. IV, Torino, 1982, p. 434. Contra Betti, Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato Vassalli, vol. XV, II, Torino, 1955, p. 362; Scognamiglio, Contratti in generale, in Tratt.dir.civ., diretto da Grosso-Santoro Passarelli, Milano, 1980, p. 187-188. Questi A. optano per l'esito interpretativo che comporti il massimo significato utile.
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Bibliografia

  • MIRABELLI, Dei contratti in generale, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1980
  • OPPO, Profili dell'interpretazione oggettiva nel negozio giuridico, Bologna, 1943
  • SACCO, L'interpretazione, Torino, Tratt. Rescigno, IV, 1982
  • SCOGNAMIGLIO, Contratti in generale, Milano, Tratt.dir.civ. diretto da Grosso-Santoro Passarelli, IV, 1980
  • SPAPPERI, L'interpretazione del contratto, Torino, I contratti in generale, Cendon, V, 2000

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