Il modo donativo (artt.
793 ,
794 cod.civ.), ferme le cose altrove analizzate in relazione alla definizione ed alla natura giuridica del medesimo, sembrerebbe figura assolutamente sovrapponibile al modo testamentario.
A fronte della tesi tradizionale
nota1, che interpreta l'onere apposto alla donazione (come del resto quello apposto alla disposizione testamentaria) quale elemento accidentale, connotato da un'accessorietà rispetto all'atto cui accede del tutto analoga rispetto a quella del termine e della condizione, si pone una più recente teorica. Secondo un'opinione
nota2 la donazione modale avrebbe piuttosto la consistenza di un contratto con prestazioni corrispettive, ogniqualvolta l'adempimento dell'obbligazione connessa al modo fosse stata prevista a pena di risoluzione dell'atto (Cass. Civ.,
2432/86 ).In effetti questa costruzione ha il pregio di sottolineare l'ibrida natura dell'elemento causale che sembra qualificare l'atto negoziale al quale sia stato apposto un onere così connotato
nota3 . La nozione di risoluzione per inadempimento è infatti strettamente connessa ai vizi funzionali della causa dei contratti a prestazioni corrispettive. La cosa è particolarmente evidente quando il modo importi un'obbligazione che vada a vantaggio del disponente: diviene particolarmente arduo valutare concretamente l'aspetto causale di siffatta stipulazione (Cass. Civ.,
6414/84; cfr. anche
Cass. Civ. Sez. II, ord. 28857/2021 in relazione alla qualificazione causale onerosa ovvero liberale del contratto). E' stato comunque deciso che, nell'ambito della controversia instaurata allo scopo di addivenire ad una pronunzia di risoluzione della liberalità donativa a cagione del detto inadempimento, non si possa concludere nel senso dello scioglimento del vincolo contrattuale in relazione all'operatività di una clausola risolutiva espressa (art.
1456 cod.civ.). Ciò nel senso che non potrebbe il giudice così qualificare l'apposizione del modo sulla scorta della reputata natura corrispettiva della negoziazione (Cass. Civ. Sez.II,
13876/05 ).
Le perplessità espresse possono probabilmente essere fugate accogliendo la tesi del
modo quale negozio autonomo (come meglio si evidenzia in sede di disamina specifica della natura giuridica dell'onere) seppure collegato con la donazione, da considerarsi quale unità negoziale principale
nota4 .
La forza di questo collegamento si dimostra massima proprio nel caso in cui il disponente abbia previsto la risoluzione quale conseguenza dell'inadempimento dell'obbligazione a carico dell'onerato, senza tuttavia far venir meno la causa liberale della donazione. Una conferma dell'autonomia del modo donativo si rinviene a proposito della possibilità che esso faccia carico a soggetto diverso rispetto a quello originariamente previsto, come potrebbe avvenire nell'ipotesi in cui, ex art.
773 II comma cod.civ., non potendo o non volendo taluno dei beneficiati accettare la liberalità, si verificasse l'accrescimento a favore degli accettanti. Occorre tuttavia specificare che tale esito richiede la previsione di un'espressa volontà del donante: in forza di essa si avrebbero tante proposte di donazione quanti sono i donatari.
Per fare un esempio, ipotizziamo che Primo proponga a Secondo ed a Terzo di far loro dono, con reciproco accrescimento, di un palazzo con l'onere di realizzare un giardino pubblico nell'area antistante. Nell'eventualità in cui Secondo rifiutasse e Terzo accettasse, quest'ultimo dovrebbe farsi carico dell'intero contenuto obbligatorio del modo.
L'autonomia del modo rispetto alla donazione consente ad essa di mantenere le proprie caratteristiche causali, rimanendo in tutto e per tutto soggetta alle regole che sono peculiari (requisiti di forma e di sostanza, applicabilità delle regole relative alla collazione ed all'imputazione
ex se, ovviamente successivamente alla detrazione del valore dell'obbligazione modale: cfr. Cass. Civ. Sez. II,
15586/05 )
nota5.
Rilevanti sono le conseguenze economiche della limitazione modale in riferimento sia all'obbligazione collatizia che potesse gravare il donatario, sia al
quantum che venisse in gioco in sede di imputazione
ex se (nell'ipotesi cioè in cui il donatario avesse ad imputare alla propria porzione legittima ai sensi dell'art.
564 cod.civ. quanto ricevuto a titolo liberale dal de cuius quando costui era in vita). Infatti in entrambi i casi occorrerà detrarre dal valore di quanto donato il peso economico costituito dal modo (Cass. Civ., Sez. II,
6925/2015).
Note
nota1
Coviello, Manuale di dir.civ. it., vol.I, Milano, 1910, p.430 e Carnevali, voce Modo, in Enc.dir., vol.XXVI, 1976, p.687.
top1nota2
Grassetti, Donazione modale e fiduciaria, Milano, 1941, p.17.
top2nota3
infatti Carnevali, La donazione modale, Milano, 1969, p.7, che la donazione modale trova la sua ragion d'essere nella dialettica tra contratto gratuito e contratto di scambio.
top3nota4
Giorgianni, Il modus testamentario, in Riv.dir. e proc.civ., 1957, p.921.
top4nota5
Si deve cioè ritenere che l'arricchimento debba essere configurato come l'elemento sul quale si apporta l'intento del donante, condiviso anche dal donatario; il venir meno di esso per eventi imprevisti, perciò, non fa venir meno il carattere di donazione del contratto (così Cataudella, La donazione mista, Milano, 1970, p.126).
top5Bibliografia
- CATAUDELLA, La donazione mista, Milano, 1970
- COVIELLO, Manuale di dir.civ.it., Milano, I, 1910
- GIORGIANNI, Il modus testamentario, Riv.trim.dir. e proc.civ., 1957
- GRASSETTI, Donazione modale e fiduciaria, Milano, 1941
Formulari clausole contrattuali
Prassi collegate
- Quesito n. 137-2011/T, Accollo di mutuo contestuale a donazione d'immobile, ipotesi di tassazione
- Quesito n. 5084/C, In tema di donazione modale