Il novellato testo dell'art.
2501 cod. civ. ha soppresso il divieto previsto dal II comma del previgente articolo, che inibiva alle società sottoposte a procedure concorsuali di procedere a fusione.
Dall'eliminazione di tale divieto, peraltro perfettamente coerente con il disposto di cui all'art.
2484 cod. civ. , che ha escluso il fallimento (liquidazione giudiziale a far tempo dal 15 agosto 2020, data di entrata in vigore del
D.Lgs. 14/2019) dalle cause di scioglimento delle società di capitali, non deve tuttavia desumersi l'ammissibilità generalizzata delle fusioni delle società sottoposte a procedura concorsuale. A tal fine, infatti, appare necessaria una preventiva valutazione analitica del tipo di procedura concorsuale, sia in merito alla natura ed allo scopo di tale procedura, sia in merito alla compatibilità delle sue regole con quelle del procedimento di unificazione.
Innanzitutto è necessario distinguere tra procedure concorsuali con finalità liquidatorie e procedure concorsuali non aventi finalità liquidatorie.
Le procedure concorsuali non aventi fine liquidatorio sono perfettamente compatibili con la fusione. Si pensi al concordato preventivo, in cui è espressamente previsto l'obbligo di soddisfare interamente i crediti dei creditori privilegiati e una determinata percentuale dei crediti dei creditori chirografari.
Ebbene, in ipotesi di fusione, l'inserimento della società sottoposta a concordato preventivo in un più ampio contesto aziendale, potrebbe consentire il reperimento delle risorse necessarie al soddisfacimento dei predetti crediti. Viceversa il confluire delle attività della società
in bonis nel patrimonio della incorporante potrebbe agevolare il buon esito del concordato riferito a quest'ultima. In ogni caso è stato deciso che non è possibile ammettere alla procedura la società se ai creditori della incorporanda non viene data la possibilità di proporre opposizione (Cass. Civ., Sez. I,
1181/2018). Le stesse conclusioni possono essere raggiunte in ipotesi di società soggetta ad amministrazione controllata ove, in ipotesi di fusione, l'inserimento di nuove fonti di reddito, potrebbe consentire l'uscita della società dalla situazione di crisi.
Anche le procedure concorsuali aventi fine liquidatorio sono reputate compatibili con le finalità della fusione. Al riguardo è tuttavia necessario distinguere l'eventualità in cui tutte le società partecipanti alla fusione siano sottoposte a procedura concorsuale, rispetto a quella in cui solo alcune di esse lo siano.
Nel caso in cui una società sottoposta a procedura concorsuale si fonde con una società in bonis, l'interesse dei creditori al buon esito dell'operazione appare evidente dalla considerazione che la società risultante dalla fusione sarà responsabile dell'intero passivo fallimentare.
In particolare, in tal caso troveranno applicazione, oltre che le norme in tema di fusione, anche le norme in materia di concordato fallimentare con assunzione dell'obbligazione debitoria da parte di terzo. Il terzo sarà rappresentato dalla società incorporante che, ai sensi dell'art.
2504 bis cod. civ., si accollerà
ex lege i debiti della società incorporata.
In caso di fusione di società tutte sottoposte a procedure concorsuali, l'unificazione è possibile subordinatamente al manifestato consenso del comitato dei creditori, i quali potrebbero considerare più appetibile, al fine del soddisfacimento delle loro pretese, la società risultante dalla fusione rispetto alle precedenti società partecipanti.
Un'ipotesi particolare si ha nel caso in cui una società, dopo essersi impegnata a procedere ad un'operazione di fusione, venga dichiarata fallita.
A tal scopo sarà necessario distinguere due fattispecie:
- nel caso in cui la dichiarazione di fallimento pervenga prima della approvazione della delibera di fusione, il tribunale fallimentare seguirà le ordinarie regole del concordato fallimentare: particolare attenzione dovrà essere posta alla natura del concordato, "remissorio" ovvero "assuntorio", in quanto nel primo caso il pagamento dei creditori dovrà avvenire precedentemente al perfezionamento della fusione.
- nel caso in cui la dichiarazione di fallimento giunga successivamente all'approvazione della fusione, potranno prospettarsi due distinte soluzioni:
a) secondo un'opinione, potrà rinvenire applicazione analogica l'art.
72 l.f. (disciplinante l'ipotesi generale dei rapporti contrattuali pendenti) e conseguentemente si determinerà lo scioglimento dell'obbligo di procedere a fusione con relativo potere degli organi del fallimento di approvare o meno la fusione. Nel caso in cui alla fusione partecipassero più di due società, queste ultime, non dichiarate fallite, rimarranno tra loro vincolate e saranno comunque tenute a perfezionare l'operazione;
b) secondo altro parere (peraltro antecedente alla riforma del diritto fallimentare. D. Lgs.
5 del 2006 entrata in vigore il giorno 1 gennaio 2008, a far tempo dalla quale il riferito art.
72 l.f. ha assunto una valenza generica, non più imperniata sul contratto di vendita), troverà applicazione analogica l'art.
77 l.f. , che prevede lo scioglimento dell'associazione in partecipazione qualora uno degli associati venga dichiarato fallito. In tale ipotesi le altre società partecipanti all'operazione saranno libere di procedere o meno alla fusione.
Le considerazioni che precedono dovranno essere attentamente vagliate alla luce della novella di cui al D.Lgs. 14/2019 una volta che saranno divenute efficaci le norme in tema di liquidazione giudiziale.
Prassi collegate
- Quesito n. 421-2014/I, Fusione per incorporazione in società fallita di società in bonis
- Quesito n. 1093-2014/I, Fusione di società in concordato preventivo
- Quesito n. 386-2014/I, Fusione (negativa) per incorporazione di società in concordato preventivo non ancora approvato