Cass. civile, sez. I del 2018 numero 1181 (18/01/2018)




La legge, art. 2504 bis c.c., connette gli effetti della fusione all'espletamento delle formalità pubblicitarie, con le note conseguenze sul piano dell'imputazione dei rapporti e con l'esito dell'accentramento del patrimonio sulla società incorporante.

Ciò è conforme alle caratteristiche dell'operazione come vicenda evolutivo-modificativa del soggetto giuridico in un nuovo assetto organizzativo, ma implica anche che i beni restano infine aggregati nel patrimonio dell'incorporante con tutti i pesi che anteriormente li gravavano, e con la soggezione alle procedure esecutive in atto.

Il giudice non può ammettere la società al concordato preventivo se prima della fusione non sono stati ascoltati i creditori della società incorporanda. La possibilità di questi di proporre opposizione al piano approvato condiziona infatti la fattibilità dell’intera operazione di salvataggio.

Ove il concordato preventivo preveda la fusione tra la debitrice e la società proprietaria del bene offerto in cessione ai creditori della incorporante, la posizione dei creditori della incorporanda non è irrilevante ai fini della fattibilità giuridica della proposta e ciò in quanto, in termini generali, la fusione può pregiudicare la posizione dei creditori delle società partecipanti proprio perché, attuata la fusione, tutti concorrono sull'unico patrimonio risultante dall'unificazione.

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