Effetti dell'esercizio del diritto di commutazione



Esercitato da parte dei figli legittimi nei confronti di quelli naturali, il diritto potestativo di commutazione (art.537, III comma, cod.civ., attualmente abrogato dall’art. 71, comma 1, lett. d), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014 ai sensi di quanto disposto dall’art. 108, comma 1 dello stesso D.Lgs. n. 154/2013) avrebbe sortito l'effetto di sciogliere la comunione ereditaria nei confronti di questi ultimi. Per tale motivo esso, a buon diritto, poteva essere considerato tra gli "atti diversi dalla divisione" di cui fa menzione l'art. 764 cod.civ. nota1.

Una volta che il figlio naturale (qualifica che attualmente non riveste più alcuna rilevanza, non sussistendo più alcuna discriminazione tra figli legittimi e figli naturali) non avesse proposto opposizione allo stesso v(eniva) attribuito un diritto differente rispetto al diritto relativo alla quota di eredità, il quale per l'effetto si estingueva. In esito a tale estromissione si restringeva la base soggettiva della comunione ereditaria che, espunti i figli naturali, proseguiva tra quelli legittimi nota2. Dal punto di vista oggettivo la dinamica attributiva era stata posta a paragone con la datio in solutum. In tanto tuttavia è possibile effettuare una prestazione in luogo di adempimento (art.1197 cod.civ. ), in quanto debitore e creditori si accordino sul punto. Nessun accordo invece contrassegnava la commutazione, anche se si sarebbe potuto trarre l'idea di un assenso tacito nel mancato esercizio dell'opposizione da parte dei figli naturali.

L'esercizio del diritto di commutazione era produttivo, come detto, di un effetto divisionale, estromettendo dalla comunione i figli naturali: pertanto ad essa ben potevano ritenersi applicabili le norme sulla divisione, quantomeno quelle che non hanno quale presupposto la divisione in senso stretto. Così si sarebbe potuto invocare la natura dichiarativa della divisione (art. 757 cod.civ.), ed applicati rimedi quali l'azione di rescissione per lesione (art. 764 cod.civ. ), la garanzia per evizione reciproca (art. 758 cod.civ. ), la richiesta di supplemento di divisione relativamente ai beni pretermessi (art. 762 cod.civ. ).

Gli effetti della commutazione potevano anche prodursi in esito alla sentenza emanata nel giudizio di opposizione instaurato dal figlio naturale che si fosse manifestato contrario alla commutazione nota3. La relativa pronunzia non tanto però avrebbe sortito l'efficacia di commutare la porzione spettante al figlio naturale, quanto di affermare, precisandone eventualmente i limiti, il diritto soggettivo del figlio legittimo in ordine all'assegnazione di cespiti a titolo di commutazione, escludendo così il primo dalla comunione ereditaria. Le conseguenze proprie della commutazione si sarebbero prodotte in ogni caso soltanto una volta che in concreto fossero stati attribuiti i beni (in natura o in denaro) conformemente alle determinazioni dei figli legittimi nota4.

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Note

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Mengoni, Successione legittima, in Tratt.dir.civ.comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 2000, pp.74 e ss..
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In un certo senso i figli legittimi che avessero esercitato il diritto di commutazione avrebbero parallelamente espresso l'intento di rimanere in comunione tra loro. Sulla scorta di una siffatta osservazione era stata addirittura ricostruita la ragion pratica dell'istituto nel senso di agevolare il mantenimento della comunione ereditaria tra i figli legittimi del de cuius (ed anche del coniuge).
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La domanda di commutazione poteva anche essere concepita nell'ambito di una causa avente ad oggetto la divisione giudiziale tra coeredi, quale mera modalità esecutiva della stessa. Pertanto essa, quando fosse stata proposta successivamente nel corso del giudizio, non avrebbe introdotto una domanda nuova, potendo essere proposta fino al momento in cui non fosse stata assegnata la quota in via definitiva al figlio naturale, dunque per la prima volta anche nel giudizio di rinvio (Cass.Civ. Sez.II, 543/86). Altra questione è quella della prevalenza del diritto ad ottenere la divisione spettante a ciascun coerede oppure il diritto a rimanere nella comunione ereditaria da parte dei figli legittimi. Le due regole (rispettivamente portate dagli artt.713 e 537 cod.civ.) avrebbero potuto sembrare antitetiche.
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Bianca, Diritto civile, Diritto civile, Famiglia-Successioni, Milano, 2005, p.679.
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto civile (Famiglia-Successioni), Milano, 2005
  • MENGONI, Successione legittima, Milano, Tratt.dir.civ. e comm.diretto da Cicu-Messineo, 2000

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