Diritti ed obblighi dell'enfiteuta



In generale l'enfiteuta gode di una posizione che gli attribuisce sostanzialmente le medesime facoltà di godimento che vengono usualmente ricomprese nel diritto di proprietà, fatta eccezione per quanto attiene al mancato utilizzo del bene . In particolare si è già detto dell'assenza del limite, proprio dell'usufrutto, dell'impossibilità di mutare la destinazione economica della res.

Due sono gli obblighi fondamentali posti a carico dell'enfiteuta:

  1. l'obbligo di migliorare il fondo nota1, che consiste nell'incrementarne la produttività o, comunque, aumentarne il valore. Da ciò si desume che il non uso (ammissibile per il proprietario) non è per definizione praticabile per l'enfiteuta: si tratterebbe appunto di violazione dell'obbligo specifico del miglioramento;
  2. l'obbligo di versare al concedente il canone, che consiste nel corrispettivo del godimento. Si tratta di un'obbligazione solidale fra tutti i contitolari del diritto e fra gli eredi dell'enfiteuta, finché dura la comunione; nell'ipotesi in cui seguisse un atto divisionale in esito al quale il fondo fosse separatamente goduto, ciascuno sarebbe tenuto al pagamento in proporzione alla parte spettantegli (art. 961 cod.civ.).
Il canone può essere determinato in una somma di denaro o in una quantità fissa di prodotti del fondo. Esso non è riducibile per qualunque isolata sterilità o perdita di frutti (art. 960 cod.civ. ). Questa prescrizione appare direttamente collegata al fatto che l'enfiteuta deve appunto provvedere al miglioramento del fondo: apparirebbe un controsenso la pretesa di costui alla riduzione del corrispettivo per il godimento, tenuto conto che questo corrispettivo è stato determinato in relazione ad un'attività migliorativa del bene.
Le vicende relative alla misura del canone hanno conosciuto un percorso particolarmente tormentato: essa, pur non potendo superare determinati limiti fissati dalle citate leggi del 1966, 1970 e 1974 , deve comunque rispettare un principio generale di adeguamento periodico alla realtà economica, in forza dell'applicazione di coefficienti di maggiorazione (Corte Cost. 406/88 ).
A carico dell'enfiteuta la legge impone ulteriori pesi.
Ai sensi dell'art. 964 cod.civ. questi deve provvedere al pagamento delle imposte e degli altri pesi, canoni, rendite fondiarie, ecc. gravanti sul fondo (salve le disposizioni delle leggi speciali). Si tratta di oneri in senso economico, che in forma giuridica possono concretarsi tanto in obblighi diretti verso i terzi o il fisco, se intestati personalmente all'enfiteuta, quanto in obblighi verso il proprietario se questi è l'intestatario di tali aggravi verso il fisco o i terzi (art. 964 cod.civ.).
Nell'atto costitutivo si può derogare a questa regola, ponendo gli oneri in questione a carico del concedente; questa deroga tuttavia non sarà efficace se non limitatamente ai rapporti fra le parti. L'aggravio del concedente non potrà (inderogabilmente) in nessun caso eccedere l'ammontare del canone (art. 964 , II comma cod.civ.)nota2.
  1. L'art. 969 cod.civ. si pone come fonte dell'obbligo per l'enfiteuta di riconoscere il diritto di proprietà del concedente. Un anno prima del compimento del ventennio, corrispondente al termine dell'usucapione ordinaria (art. 1158 cod.civ.) il concedente può domandare il riconoscimento del proprio diritto di proprietà da chi si trova nel possesso enfiteutico del fondo.
  2. L'enfiteuta da un lato è titolare del diritto potestativo di affrancazione del fondo, dall'altro è soggetto al contrario potere del proprietario di devoluzione del fondo. In esito all'esercizio di questi diritti la piena proprietà del bene viene attribuita all'enfiteuta o al concedente. L'importanza di questi aspetti ne impone la separata trattazione: fin d'ora risulta opportuno chiarire la natura prevalente dell'affrancazione, la quale non risulta neppure preclusa dal fatto che il proprietario abbia richiesto la devoluzione a causa delle inadempienze dell'enfiteuta.


Note

nota1

La dottrina evidenzia come tale obbligo, pur essendo ritenuto un elemento caratterizzante ed imprescindibile dell'enfiteusi, abbia ugualmente perso la rilevanza che rivestiva. Infatti la nuova normativa ha completamente capovolto l'originaria impostazione, prevedendo un diritto di affranco che può essere esercitato senza alcuna preclusione, prevalendo anche su una possibile domanda di devoluzione presentata dal proprietario proprio a causa dell'inadempimento dell'obbligo di miglioramento. Si veda p.es. Palermo, L'enfiteusi, in Tratt. dir. priv., Torino, 1982, pp.57 e ss..
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nota2

V. Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.534; Zaccagnini-Palatiello, Enfiteusi, superficie, oneri reali, Napoli, 1984, p.124.
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Bibliografia

  • PALERMO, L'enfiteusi, Torino, Tratt.dir.priv.diretto da Rescigno, 1982
  • ZACCAGNINI-PALATIELLO, Enfiteusi, superficie, oneri reali, Napoli, 1984


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