Affrancazione e devoluzione dell'enfiteusi



Il potere di affrancazione attribuito all'enfiteuta costituisce uno dei più importanti principi inderogabili della disciplina dell'istituto.

L'esercizio di tale potere ha l'effetto di far diventare l'enfiteuta proprietario pieno del fondo in forza del pagamento di una somma pari a quindici volte il canone annuo (per disposizione delle Leggi 22 luglio 1966, n. 607 e 18 dicembre 1970, n.1138 , modificative dell'ultimo comma dell'art. 971 cod.civ.). Va notato che la Corte Costituzionale ha peraltro dichiarato l'illegittimità degli artt. 5 e 6 della riferita L.1138/70 nella parte in cui, in riferimento alle enfiteusi urbane costituite prima del 28 ottobre 1941, non prevedono un meccanismo di rivalutazione periodica per il valore di riferimento da assumere quale parametro per la determinazione del capitale per l'affrancazione (Corte Cost., 160/08 ).

Nel caso di contitolarità dell'enfiteusi, l'affrancazione può effettuarsi anche da un solo dei contitolari, tuttavia per la totalità; in questo caso l'affrancante subentra nei diritti del proprietario verso gli altri coenfiteuti, venendo essi a fruire di una proporzionale riduzione del canone (art. 971 cod.civ.). Nella contraria ipotesi di pluralità di comproprietari, l'affrancazione può essere effettuata in relazione alla quota di ciascuno.

L'affrancazione, prima della disciplina inderogabile introdotta dalle leggi speciali, non poteva essere effettuata prima dello scadere di vent'anni dalla costituzione dell'enfiteusi. Essa inoltre, qualora fosse stato stipulato un piano di miglioramento fra proprietario ed enfiteuta, non poteva essere richiesta se non dopo la completa realizzazione di tale piano. Attualmente questi limiti sono stati rimossi: l'enfiteuta può esercitare il proprio diritto in qualsiasi momento, anche subito dopo la costituzione del rapporto e restando esclusa ogni diversa pattuizione.

Il diritto di affrancazione possiede la consistenza del diritto potestativo. Il concedente si trova in una situazione di soggezione rispetto all'enfiteuta. Se il primo si dovesse rifiutare di addivenire consensualmente ad un'adesione alla dichiarazione di affrancazione, il secondo potrebbe adire il giudizio onde ottenere una pronunzia di natura costitutiva che in ogni caso pronunci l'affrancazione nota1 .

Il diritto di affrancazione si atteggia come avente una forza comunque prevalente su quello inverso di devoluzione. Nell'ipotesi di conflitto fra domanda di affrancazione e domanda di devoluzione (pur ricorrendo i presupposti di quest'ultima), la disciplina risultante dalla combinazione tra le norme del codice civile e le leggi speciali citate prevede che, in tutti i casi, il diritto di affrancazione prevalga su quello di devoluzione.

Se si pensa al regime vincolistico concernente la misura del canone e che il diritto di affrancazione prevede l'acquisizione della proprietà piena in relazione alla corresponsione di un certo numero di annualità di canone, si spiega agevolmente la desuetudine dell'enfiteusi nota2 . E' difficile che il proprietario subisca il rischio dell'estinzione ad libitum del proprio diritto in seguito all'esercizio (piuttosto conveniente) della facoltà di affrancazione (Cass. Civ. Sez. II, 1375/97 ) da parte dell'enfiteuta nota3.

La devoluzione del fondo consiste invece nella risoluzione del diritto di enfiteusi per volontà del proprietario ed avente quale presupposto una situazione di inadempienza dell'enfiteuta rispetto al contenuto dei propri obblighi.Essa si pone nell'ambito del rapporto tra nudo proprietario ed enfiteuta, quale clausola risolutiva ex lege, avente funzione sanzionatoria dell'inadempimento, da ricollegarsi ad un'anomalia funzionale del sinallagma, anche se la fonte del diritto non consiste sempre in un contratto (usucapione, testamento). Questo non impedisce che la clausola possa rinvenire spazio all'interno del contratto costitutivo, divenendo esplicita. In tal caso parrebbe dotata di efficacia retroattiva, sia pure limitatamente alle parti, dovendosi qualificare in termini di clausola risolutiva espressa. Sorgono in proposito delicati problemi circa il contenuto di essa: certamente non si potrebbe per tale via porre nel nulla regole imperative quali la permanenza del diritto potestativo di affrancazione in capo all'enfiteuta nota4 .

Rendono legittimo il ricorso alla devoluzione i seguenti fatti:

  1. il mancato miglioramento del fondo o, addirittura, il deterioramento di esso da parte dell'enfiteuta;
  2. l'inadempimento all'obbligazione di pagare il canone per due annualità: in questo caso tuttavia la devoluzione non può intervenire qualora il pagamento dei canoni maturati avvenga anteriormente alla sentenza che accoglie la domanda (art. 972 cod.civ.). Inoltre, come detto, la proposizione della domanda di devoluzione non preclude in alcun caso all'enfiteuta il diritto alla affrancazione.


Note

nota1

Cfr. Sangiorgi, in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, vol. III, Torino, 1997, p.294; Puleo, I diritti potestativi (individuazione delle fattispecie), Milano, 12959, p.61. Alcuni Autori (cfr. Orlando Cascio, Affrancazione, in Enc. dir., I, p.810; Alessi, Enfiteusi (diritto civile), in Enc. giur. Treccani, p.8), sostengono peraltro che l'affrancazione possa avvenire in conseguenza dell'unilaterale volontà dell'enfiteuta. Contra, Palermo, L'enfiteusi, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, Torino, 1982, pp.80 e ss., ribadisce l'insufficienza di questa dichiarazione unilaterale, essendo necessario, ai fini dell'affrancazione, l'intervento di un provvedimento giudiziario ovvero la stipulazione di un vero e proprio contratto fra concedente e concessionario.
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nota2

Cfr. Galloni, Potere di destinazione e impresa agricola, Milano, 1974, p.576, secondo il quale, per potersi riscontrare un'utilità sociale nell'enfiteusi, questa deve essere vista come un accesso privilegiato alla proprietà.
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nota3

Si vedano, tra gli altri, Germanò, Affrancazione di canoni enfiteutici e di altre prestazioni perpetue, in N.mo Dig. it., p.128; Favara, Affrancazione di canoni enfiteutici e di altre prestazioni perpetue, in N.mo Dig. it., p.385.
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nota4

La dottrina si è domandata fino a che punto sia possibile esercitare il diritto d'affrancazione dell'enfiteuta nel caso in cui il concedente si sia avvalso della clausola risolutiva espressa. L'opinione prevalente fissa tale limite nel passaggio in giudicato della sentenza di devoluzione. Cfr. Ghedini, in Comm. breve del codice civile, Padova, 1997, p.856.
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Bibliografia

  • ALESSI, voce Enfiteusi (diritto civile), Enc. giur. Treccani
  • FAVARA, Affrancazione di canoni enfiteutici e di altre prestazioni perpetue, Torino, N.sso Dig. It., 1957
  • GALLONI, Potere di destinazione e impresa agricola, milano, 1974
  • GERMANO', Affrancazione di canoni enfiteuci e di altre prestazioni perpetue, Torino, N.sso Dig.it., 1957
  • GHEDINI, Padova, Comm.breve cod.civ., 1997
  • ORLANDO CASCIO, Affrancazione, Enc. dir, I
  • PALERMO, L'enfiteusi, Torino, Tratt.dir.priv.diretto da Rescigno, 1982
  • PULEO, I diritti potestativi (individuazione delle fattispecie), Milano, 1959
  • SANGIORGI, Torino, Comm. cod. civ., III, 1997


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