Differenza tra ricognizione di debito e confessione stragiudiziale



Particolare difficoltà evoca il confronto tra la natura dell'atto ricognitivo di debito (art. 1988 cod. civ. ) e quella della confessione (art. 2730 cod. civ. ): si disputa se il primo possa avere parallelamente la valenza della seconda. Che dire di una confessione stragiudiziale avente quale contenuto un atto ricognitivo del debito? Il problema non è di poca rilevanza, stante il divergente peso sotto il profilo probatorio delle due figure. Relativamente alla ricognizione di debito si potrà dar conto della contraria risultanza, ponendo essa una presunzione juris tantum. Non altrettanto si può dire per la confessione, la quale fa piena prova (Cass. Civ. Sez. III, 1972/75 ) nota1. A questo riguardo occorre chiarezza: non sembra ammissibile ritenere che, a seconda dei termini utilizzati, una dichiarazione possa valere come mera ricognizione del debito (mi riconosco debitore nei confronti di Tizio della somma di 100) ovvero, alternativamente, come confessione (confesso a Tizio di essere debitore del medesimo della somma di lire 100). In giurisprudenza si è affermato tuttavia che in un medesimo contesto documentale possano essere contemporaneamente racchiuse una promessa di pagamento (o una ricognizione di debito) ed una dichiarazione confessoria (Cass. Civ. Sez. III, 259/97 ). Si è giunti sino al punto da configurare come caducati per difetto di causa entrambi detti atti in esito alla revoca della confessione intervenuta ex art. 2732 cod. civ. (cfr. Cass. Civ. Sez. III, 136/85 ).

La confessione vale in quanto rifletta fatti o accadimenti e questo non è il caso, nell'esempio effettuato nota2 . Diversamente sarebbe dire: devo a Tizio cento in quanto mi ha consegnato 100 kg. di mele. Questa dichiarazione, indipendentemente dall'utilizzo dei termini (confesso, dichiaro etc.) potrebbe essere apprezzata come avente natura confessoria per quanto attiene al fatto che attesta: vale a dire l'intervenuta consegna delle mele. Essa non produrrebbe effetto quanto alla valutazione giuridica concernente l'attuale esistenza della passività. Rimarrebbe pertanto precluso al dichiarante dare la prova contraria della consegna delle mele, pur non essendogli vietato dar invece conto dell'insussistenza del relativo debito.

Anche sotto questo profilo diviene logico negare la natura negoziale della confessione: non si vede infatti quale dovrebbe essere l'intento che il confitente dovrebbe avere di mira. La confessione è infatti produttiva di effetti tipizzati dalla legge, che si cura soltanto del fatto che il dichiarante abbia liberamente esternato la portata di fatti a sè sfavorevoli nella convinzione che i medesimi rispondano alla realtà.

Note

nota1

Furno, voce Confessione, in Enc. dir., vol.VIII, 1961, p. 916 e Liebman, Sul riconoscimento della domanda, in Studi in onore di Chiovenda, Padova, 1927, p. 451.
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nota2

Ragion per cui, in mancanza di ogni riferimento sul fatto, il riconoscimento avrà solo l'effetto di dispensare l'altra parte dall'onere della prova (Sbisà, in Comm. cod. civ., dir. da Cendon, vol. IV, Torino, 1999, p. 1832).
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Bibliografia

  • FURNO, Confessione, Enc. dir., VIII, 1961
  • LIEBMAN, Sul riconoscimento della domanda, Padova, Studi in onore di Chiovenda, 1927
  • SBISA', Torino, Comm.cod.civ. diretto da Cendon, IV, 1999

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