Codice Civile art. 263


IMPUGNAZIONE DEL RICONOSCIMENTO PER DIFETTO DI VERIDICITA'

Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.
L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
L'azione di impugnazione da parte dell'autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Se l'autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di aver ignorato l'impotenza del presunto padre. L'azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni dall'annotazione del riconoscimento.
L'azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Si applica l'articolo 245.
(Articolo così sostituito dall’art. 28, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014 ai sensi di quanto disposto dall’art. 108, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 154/2013. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse. L'impugnazione è ammessa anche dopo la legittimazione. L'azione è imprescrittibile.». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 2-6 maggio 1985, n. 134 (Gazz. Uff. 15 maggio 1985, n. 113-bis), aveva dichiarato, tra l'altro, inammissibile la questione di legittimità, in riferimento all'art. 30 Cost., secondo capoverso; con sentenza 16-30 dicembre 1987, n. 625 (Gazz. Uff. 8 gennaio 1988, n. 1 - Prima serie speciale), aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità del secondo comma, in riferimento agli artt. 29 e 30 Cost.; con sentenza 8-18 aprile 1991, n. 158 (Gazz. Uff. 24 aprile 1991, n. 17 - Prima serie speciale), aveva dichiarato inammissibile la questione di legittimità, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 Cost.; con sentenza 22 aprile 1997, n. 112 (Gazz. Uff. 30 aprile 1997, n. 18 - Prima serie speciale), aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità, in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 Cost.)

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