Cass. civile del 1993 numero 11836 (29/11/1993)


La buona fede rilevante ai fini dell'accessione invertita di cui all'art. 938 Codice civile consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione. Essa, diversamente da quanto si verifica in materia di possesso (art. 1147, Codice civile), non é presunta, ma deve essere provata dal costruttore e, ai fini probatori, é necessario avere riguardo alla ragionevolezza dell'uomo medio e al convincimento che questi poteva legittimamente formarsi circa l'esecuzione della costruzione sul proprio suolo e non su quello altrui, in base alle cognizioni possedute effettivamente o che tali debbano presuntivamente ritenersi, con la conseguenza che la buona fede deve escludersi qualora, in relazione alle particolari circostanze del caso concreto, il costruttore avrebbe dovuto fin dall'inizio anche solo dubitare della legittimità dell'occupazione del suolo del vicino (nella specie, la Suprema Corte ha confermato l'impugnata decisione che aveva escluso la buona fede del costruttore che aveva invocato una scrittura privata contenente un contratto preliminare e non definitivo di vendita del terreno sul quale egli aveva costruito, concluso da una persona priva di legittimazione essendo coniuge di uno dei comproprietari non munito di mandato scritto ad alienare).

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